Comunicati Stampa

Le incompatibilità nel pubblico impiego.

Con riferimento all’incompatibilità ed al cumulo di impieghi nel lavoro pubblico, il DPR n.3/1957, ancora in vigore, all’art. 60 dispone come: “L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del ministro competente”.

Quindi, l’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 precisa come: “Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall’articolo 23-bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall’articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662”.

Con particolare riferimento alla responsabilità disciplinare, si segnala che l’inosservanza del divieto di cui all’art. 60 del d.P.R. n. 3/1957 comporta l’avvio del procedimento previsto dall’art. 63 del medesimo decreto, il quale stabilisce che: “L’impiegato che contravvenga ai divieti posti dagli articoli 60 e 62 viene diffidato dal ministro o dal direttore generale competente, a cessare dalla situazione di incompatibilità. La circostanza che l’impiegato abbia obbedito alla diffida non preclude l’eventuale azione disciplinare. Decorsi quindici giorni dalla diffida, senza che la incompatibilità sia cessata, l’impiegato decade dallo impiego. La decadenza è dichiarata con decreto del ministro competente, sentito il Consiglio di amministrazione”.

Quanto al tema della configurabilità di un illecito erariale in capo al pubblico dipendente che assume incarichi incompatibili o non autorizzati, il comma 7 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 prevede che: “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”.

Le fasce di reperibilità dei dipendenti pubblici.

Il TAR del Lazio, con la sentenza del 3 novembre 2023, n. 16305, ha annullato il decreto 17 ottobre 2017, n. 206 del Ministro della Semplificazione e della pubblica amministrazione, nella parte dell’art. 3 in cui si stabiliscono le fasce di reperibilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in caso di assenza per malattia, secondo i seguenti orari: tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

In virtù del principio di armonizzazione, richiamato nella sentenza, e sentito il Dipartimento della Funzione pubblica, l’INPS ha comunicato, con il messaggio 22 dicembre 2023, n. 4640 che le visite mediche di controllo domiciliare nei confronti dei lavoratori pubblici dovranno essere effettuate nei seguenti orari: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 di tutti i giorni (compresi domeniche e festivi).

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Concorsi

Commissione per l’attuazione del progetto Ripam.
381 unità di personale non dirigenziale, a tempo pieno e indeterminato, da inquadrare nei ruoli del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nell’Area Assistenti. Presentazione delle domande dal 27 dicembre 2023 al 26 gennaio 2024.

Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha affidato la gestione della procedura concorsuale alla Commissione Interministeriale Ripam che si avvarrà di Formez PA.

Legge di Bilancio 2024: le misure in materia di lavoro.

La legge di Bilancio 2024, n. 213/2023, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 30.12.2023.

  1. Misure in tema di fiscalità

Per il 2024 viene confermato il taglio del cuneo fiscale e contributivo per i dipendenti sia pubblici sia privati.

L’esonero sulla quota di contributi previdenziali dovuti dai lavoratori viene riconosciuto con le medesime modalità del 2023 nella misura del 6%, per le retribuzioni con imponibile non eccedente i 2.692 € mensili, e nella misura del 7% per retribuzioni non eccedenti l’importo mensile di 1.923 €.

Viene del pari confermata per il 2024 la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori dipendenti. Nel regime di esenzione possono essere ricomprese le somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale e delle spese per il contratto di locazione della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo stipulato per l’acquisto della prima casa.

La Legge di bilancio estende a tutto il 2024 l’ulteriore detassazione sull’imposta sostitutiva dell’IRPEF, e delle relative addizionali regionali e comunali, applicabile alla retribuzione variabile legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, purché misurabili e verificabili, e alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

Per il triennio 2024-2026, è previsto un esonero del 100% dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri di tre o più figli, con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo e nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile.

In via sperimentale, per il solo 2024, tale esonero è riconosciuto anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al mese del compimento del 10° anno di età del figlio più piccolo.

  1. Misure in tema di previdenza

Con la manovra vengono modificati gli importi-soglia previsti per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia e anticipata dei lavoratori con primo accredito contributivo successivo al 31.12.1995.

Per il trattamento di vecchiaia, il valore minimo, finora pari a 1,5 volte la misura dell’assegno sociale (stabilito annualmente e nel 2023 pari a 507,03 euro), viene stabilito pari a quest’ultimo con coefficiente pari a 1,0, ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del prodotto interno lordo.

Per il trattamento pensionistico anticipato l’importo soglia, finora pari a 2,8 volte la misura dell’assegno sociale, viene rideterminato con i coefficienti moltiplicatori diversificati pari a: 3,0 volte l’assegno sociale per le donne senza figli e per gli uomini; 2,8 volte per le donne con un figlio; 2,6 volte per le donne con almeno due figli, ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del prodotto interno lordo.

Per i soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 rientranti integralmente nel sistema contributivo, la Legge di bilancio 2024 riconosce la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, e nella misura massima di 5 anni anche non continuativi, periodi non coperti da contribuzione antecedenti al 1° gennaio 2024.

La facoltà di riscatto è ammessa per i periodi non coperti da contribuzione presso forme pensionistiche obbligatorie, ivi comprese quelle delle Casse previdenziali dei liberi professionisti.

Con riferimento alla perequazione, per i trattamenti pensionistici superiori a dieci volte il trattamento minimo, ci sarà una decurtazione della percentuale di rivalutazione di 10 punti, passando così dal 32% al 22%.

Per le pensioni relative a valori non superiori a cinque, sei, otto e dieci volte il trattamento minimo restano fermi i valori 85%, 53%, 47% e 37%.

Ancora, il requisito anagrafico dell’APE sociale viene alzato da 63 anni a 63 anni e 5 mesi. Pertanto, i soggetti in possesso dei requisiti possono presentare domanda per il loro riconoscimento dell’APE sociale entro il 31 marzo 2024, ovvero entro il 15 luglio 2024.

Viene altresì eleva il requisito dell’età anagrafica (da 60 a 61 anni) per l’accesso anticipato al trattamento pensionistico “ Opzione Donna “, calcolato secondo le regole del sistema contributivo, alle lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2023, un’età anagrafica di almeno 61 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni) con un un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, oltre ad essere, alternativamente, in possesso di uno dei seguenti requisiti:

  • assistano da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%;
  • siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa del MISE.

Per quanto riguarda la c.d. quota 103, anche per il 2024 sono necessari 62 anni di età e 41 anni di contributi.

La pensione, erogata integralmente con il sistema contributivo, non potrà superare 4 volte il trattamento minimo sino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, mentre per la decorrenza delle prestazioni gli interessati si dovrà attendere dalla maturazione dei requisiti 8 mesi nel settore privato e 9 mesi nel settore pubblico.

Trova infine conferma anche nel 2024 l’incentivo alla prosecuzione dell’attività lavorativa, per coloro che abbiano raggiunto i requisiti pensionistici, con la facoltà di richiedere al proprio datore di lavoro la corresponsione in proprio favore dell’importo corrispondente alla quota di contribuzione a proprio carico.

  1. Congedi

La Legge di bilancio prevede modifiche al criterio di calcolo dell’indennità per i congedi parentali fruiti fino al 6° anno di vita del bambino.

Per i genitori che fruiscono alternativamente del congedo parentale, in aggiunta all’attuale previsione di una indennità pari dell’80% della retribuzione per un mese, entro il sesto anno di vita del bambino, e il riconoscimento di un’indennità pari al 60% per un mese ulteriore al primo, la quale è ulteriormente elevata all’80% per il solo 2024.

Licenziato per giusta causa il dipendente che importuna le colleghe.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31790 del 15 novembre 2023 ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente di un istituto bancario che, disattendendo diffide ed avvertimenti dell’azienda, aveva continuato ad importunare due colleghe inviando loro ripetutamente messaggi, approcci ed inviti a sfondo sessuale.

Nel dettaglio, due lavoratrici avevano segnalato all’azienda i ripetuti approcci ed inviti sgradevoli, da parte di un collega, ricevuti attraverso il continuo inoltro di messaggi tramite il sistema di comunicazione aziendale interno e tramite SMS.

I responsabili aziendali pertanto avevano convocato il lavoratore, alla presenza di una sindacalista, per stigmatizzare i suoi comportamenti ed invitarlo con specifica diffida scritta a desistere da continuare a porli in essere.

Successivamente, il dipendente persisteva nell’inoltrare, durante l’orario di lavoro, inviti e richieste di incontro alle medesime colleghe e dichiarava inoltre che non intendeva ottemperare alla diffida, invitando la società a prendere iniziative disciplinari nei suoi confronti contro le quali avrebbe presentato ricorso giudiziario.

La Cassazione ha precisato che “la diffida si è manifestata quale esercizio del potere direttivo, ed è stato l’inadempimento alla stessa, espresso con i comportamenti successivi, ad attivare il procedimento disciplinare per tutti i fatti lesivi della dignità e sicurezza delle colleghe, nonché relativi all’uso improprio dei mezzi di comunicazione aziendali e al decoro e correttezza nelle relazioni tra colleghi nell’ambiente lavorativo”, con la conseguenza che il licenziamento siccome intimato deve considerarsi del tutto legittimo e proporzionato.

“SOSTENIBILITA’, LAVORO E LOTTA ALLE DISUGUAGLIANZE. IL NUOVO CORSO DEL CNEL” – L’intervista del presidente Brunetta sul ‘Corriere della Sera’.

Salario minimo: Brunetta, “il dibattito è stato viziato da contrapposizioni politiche. Il ruolo della contrattazione è fondamentale”

Sul salario minimo “il dibattito per molti versi è stato viziato dalle contrapposizioni di natura prettamente politica. Appartiene al Dna del Cnel, alla sua natura e alla sua storia, il voler porre la contrattazione e quindi le parti sociali al centro delle dinamiche della domanda e dell’offerta di lavoro. Un buon sistema di contrattazione permette di affrontare la questione salariale ma anche di andare oltre, favorendo la produttività, l’occupazione di qualità, l’investimento in formazione e nuove competenze, il welfare aziendale. La contrattazione può inoltre garantire diritti d’informazione per contrastare le discriminazioni fondate sul genere”. Lo afferma il presidente del Cnel, Renato Brunetta, in un’intervista pubblicata stamani dal Corriere della Sera.

“In epoca di grandi transizioni i corpi intermedi sono fondamentali”

“Serve una governance del cambiamento. Stiamo vivendo un’epoca di caos legata a tre grandi transizioni: quella digitale, quella energetica e quella demografica. Fino a poco tempo fa sembrava che il modello di governance fosse quello diretto tra popolo e governo, mentre adesso la pervasività della transizione richiede dei tessuti di società civile, ossia i corpi intermedi che si rivelano fondamentali. Nel nostro caso in Italia grazie alla lungimiranza dei costituenti abbiamo un organo di rilevanza costituzionale che prevede una struttura per questi corpi intermedi, che si chiama Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Del Cnel – aggiunge – si è parlato nell’ultimo decennio bene e meno bene, fino a sottoporlo a un referendum abrogativo a cui gli italiani hanno risposto no, confermando così l’esistenza”.

“La pandemia ha riaffermato il ruolo della società civile”

“Dopo l’ubriacatura della disintermediazione, assistiamo oggi a un ritorno della società civile, a un rinnovato ruolo delle sue organizzazioni collettive e delle sue rappresentanze. Lo abbiamo visto, per esempio, durante la pandemia, quando le reti dei corpi intermedi hanno dato un contributo straordinario nel fronteggiare il Covid. Proprio da questa riscoperta e riaffermazione della società civile nasce il rilancio del Cnel, la casa dei corpi intermedi, il luogo dove i tanti e legittimi interessi di parte trovano un loro denominatore comune e si sublimano in interesse collettivo, in responsabilità e virtù civiche”.

“Gli sprechi del Cnel sono una leggenda metropolitana. Negli ultimi 10 anni sono stati risparmiati 10 milioni”

Il Cnel che divora risorse – conclude Brunetta –  “è una leggenda metropolitana”. Costa attualmente circa 7 milioni di euro l’anno, una cifra incomparabilmente più bassa rispetto ai principali organi dello Stato. Inoltre, nell’ultimo decennio i costi si sono ridotti del 60%, con una riduzione pari ad oltre 10 milioni”.

Clicca qui per leggere l’intervista integrale al presidente del Cnel pubblicata dal ‘Corriere della Sera’

OSSERVAZIONI DI CIU UNIONQUADRI: La mancanza nella Pubblica Amministrazione di un corpo intermedio tra dirigenza e personale non dirigente – un problema non solo sindacale, ma anche organizzativo.

Un interessante articolo del Presidente dell’ARAN, Antonio Naddeo titolato – Capitale umano, CCNL, corso-concorso, dirigenti, Elevate professionalità, giovani, giovani laureati, Ministeri, PA, Pubblica amministrazione mira a conferire effettiva e pratica attuazione alla normativa concernente l’inquadramento nelle pubbliche amministrazioni di cui al decreto legge 9.6.2021 n.80 che in particolare creando lo spazio per l’area contrattuale EP (elevate professionalità) ha cercato di rivalutare le professionalità medio alte troppo spesso schiacciate tra il ruolo preminente della dirigenza e quello generale delle altre categorie non dirigenziali valorizzando inoltre in funzione della professionalità acquisita la dinamica di progressione tra le diverse aree.

L’autore suggerisce una serie di accorgimenti per valorizzare l’Area delle Alte Professionalità.

In chiave che potremmo definire “negativa” o meglio “restrittiva” tende ad evitare che questa posizione lavorativa diventi un’ulteriore area che si aggiunge a quelle già previste, dove prima o poi possono arrivare tutti. L’obiettivo è invece di fare dell’elevata professionalità non solo un traguardo di carriera, ma soprattutto un punto di partenza per aspiranti dirigenti.

Viene così affrontato il tema della selezione ipotizzando l’istituzione di un corso – concorso annuale della SNA, simile a quello adottato per i dirigenti, fermo restando il 50% dei posti riservato alle selezioni dei funzionari interni in possesso del titolo di studio.

Ai fini di finanziare adeguatamente tale posizione, il Presidente dell’ARAN suggerisce di operare una riduzione delle troppe posizioni dirigenziali presenti soprattutto nei Ministeri frutto di una crescita continua nel tempo del numero delle posizioni dirigenziali senza una reale necessità organizzativa, accrescendo così il numero e la retribuzione dell’area intermedia.

Ritiene così l’autore che il trattamento economico di una EP – Elevata Professionalità potrebbe arrivare a 70.000 euro e quindi, con la soppressione di un posto da dirigente si potrebbero finanziare due posizioni di Elevata Professionalità, ricostruendo così un ordinamento con una struttura piramidale.

Allargando il campo di indagine e di azione.

Le considerazioni cui perviene l’autore sono ampiamente condivisibili ed ispirate da una precisa analisi dell’attuale situazione della Pubblica Amministrazione in relazione all’inquadramento ed alla valorizzazione delle professionalità.

Ciò non toglie che CIU UNIONQUADRI – sindacato dei Quadri intermedi che li rappresenta al CNEL, e che ha avviato numerosissime azioni sul piano sindacale, politico e giudiziario per l’introduzione o meglio forse il riconoscimento dei quadri nell’ambito del Pubblico Impiego, abbia qualcosa da puntualizzare e da aggiungere.

L’obiettivo del sindacato dei Quadri è sempre stato quello della costituzione di un’area professionale intermedia nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato collocata tra la dirigenza e l’area definita non dirigenziale, non solo come risposta ad una legittima aspettativa di molti pubblici dipendenti, ma come adeguamento alle esigenze di buon funzionamento della pubblica amministrazione.

L’obiettivo principale e diretto era quello di veder applicato anche nell’ambito del pubblico impiego, dopo le riforme a cavallo tra gli anni 90 e 2000, l’articolo 2095 del codice civile che vede i prestatori di lavoro suddivisi in operai, impiegati, quadri, dirigenti.

La Corte di Cassazione invece, riteneva, stante la specialità della disciplina del pubblico impiego, non applicabile al pubblico impiego l’articolo 2095 del codice civile laddove prevede l’esistenza della categoria dei quadri accanto a quelle dei dirigenti, degli impiegati e degli operai, in nome della specialità del pubblico impiego anche dopo l’avvenuta contrattualizzazione.

Detta specificità trovava effettivamente qualche riscontro nell’allora articolo 40 del DLGS 165/2001 che prevedeva sino all’entrata in vigore del DLGS 150/2009 per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi o compiti scientifici dovessero essere stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto.

Anche questo sottile barlume di specificità professionale era limitato con l’entrata in vigore del DLGS 150/2009, la norma di cui all’articolo 40, era modificata dall’articolo 54 del decreto nei seguenti termini: Nell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità.

Era quindi eliminata la possibilità di costituire un’apposita area dei quadri e ciò anche in ragione della netta opposizione delle confederazioni sindacali generaliste.

Già nel 2002 con la legge 145 (Frattini) era stata introdotta la Vice Dirigenza.

La legge che dapprima non trovava pratica attuazione da parte della contrattazione collettiva, stante la forte opposizione in particolare di alcune sigle sindacali confederali, era definitivamente abrogata.

La mancata attuazione di un’area quadri nell’ambito dell’impiego pubblico non si limitava a vanificare le istanze delle alte professionalità, ma causava e rivelava criticità nell’ambito del funzionamento della pubblica amministrazione.

L’esigenza di un’area intermedia e vicaria si manifestava infatti, allorquando con sentenza del 25 febbraio 2015, la Corte Costituzionale censurava le Agenzie Fiscali che nella mancanza di quadri intermedi in grado di coprire determinate posizioni, aveva attribuito incarichi dirigenziali a propri funzionari per assicurare la funzionalità delle misure di contrasto all’evasione.

Successivamente, in piena pandemia, il Comitato Colao, era presentato dall’allora Presidente del Consiglio come un gruppo di esperti con il compito di ripensare i radicati modelli organizzativi sociali e di vita economica per la ripartenza del paese.

Per questo il Piano invocava una rapida trasformazione della nostra Pubblica Amministrazione verso l’auspicata efficienza e modernizzazione.

Si voleva così attuare un’attenta gestione e valutazione delle politiche attuate con fondi europei e rafforzare la cyber difesa.

Per raggiungere questi obiettivi, Il piano reputava fondamentale la costituzione ed il rafforzamento di un Middle – Management pubblico.

Nello specifico auspicava come le diverse amministrazioni avrebbero dovuto identificare le figure del middle management più suscettibili di beneficiare di interventi formativi di tipo manageriale.

Il piano considerava come il «middle-management» soprattutto nel settore pubblico fosse lo snodo chiave perché iniziative di modernizzazione e digitalizzazione abbiano successo. Alle competenze tecniche dei dipendenti si devono affiancare competenze manageriali diffuse.

Il «middle management» era ribadito, poteva così divenire un acceleratore dell’innovazione invece che costituire, come da molti temuto, un freno insuperabile sui processi rispetto alle competenze esterne.

Rilevava il Comitato come già esistessero quadri intermedi validi e facilmente professionalizzabili con interventi formativi, ma spesso ignorati e non premiati.

Di seguito, anche la necessità di attuare il PNRR metteva in luce la mancanza di risorse professionali qualificate non dirigenziali nell’ambito della Pubblica Amministrazione.

Il Sole 24 Ore in un articolo del 26 novembre 2023, evidenziava il problema relativo alla mancanza di figure professionali adeguate alla gestione di progetti complessi come quelli previsti dal piano, sottolineando come questo – unito all’aumento del costo delle opere – sia un fattore di rischio per la buona riuscita degli interventi.

Le esigenze appena sottolineate erano fatte proprie dal legislatore, il quale con il decreto-legge 9.6.2021 n.80 introduceva importanti modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001 riguardante l’inquadramento del personale.

Era quivi stabilito come i dipendenti pubblici, ad esclusione dei dirigenti e del personale della scuola, debba essere inquadrato in almeno 3 distinte aree funzionali con l’aggiunta, come vedremo, di una quarta area per le elevate professionalità.

Vengono così introdotti dei principi di legge sul tema specifico dell’inquadramento del personale.

Fermi questi principi, la norma stessa delega la contrattazione collettiva ad un individuare un’ulteriore aerea per inquadrarvi il personale ad elevata qualificazione.

Quindi ad evitare, come spesso accade, un generale trascinamento verso l’alto, la norma stabiliva come la contrattazione collettiva a venire per il periodo 2020 – 2021 potesse effettuare nuovi inquadramenti per il tramite di tabelle di corrispondenza, ad esclusione dell’area per le elevate professionalità.

Segue sul punto la contrattazione collettiva nel caso di specie quella del Comparto delle Amministrazioni Centrali.

Nel tradurre le disposizioni di legge appena indicate, essa individua la suddivisione del personale non dirigente in numero quattro aree di inquadramento.

Esso stabilisce in primo luogo l’inquadramento in quattro aree professionali per il personale non dirigente.

La titolazione delle aree è mutata nelle seguenti:

Area degli operatori;

Area degli assistenti;

Area dei funzionari;

Area delle elevate professionalità.

Il medesimo contratto delle Amministrazioni Centrali prevede che al fine di valorizzare le figure professionali dei funzionari, le amministrazioni possano conferire agli stessi degli incarichi a termine di natura organizzativa o professionale compensati con apposita indennità.

Per quanto invece riguarda il personale che sarà inquadrato nell’area EP (Elevate Professionalità) il conferimento di incarichi è stabilito dalla contrattazione come obbligatorio (similmente a quanto accade per i dirigenti).

Alla luce di un siffatto e compiuto impianto normativo, forse possono apparire eccessive le preoccupazioni che traspaiono dal breve articolo del Presidente dell’ARAN con il quale abbiamo introdotto questo scritto.

In realtà traspare la preoccupazione che è anche quella di CIU Unionquadri che, senza un adeguata interlocuzione della categoria dei quadri anche come soggetti contrattuali, la loro specificità in ambito lavorativo, tarderà a manifestarsi ed a conservarsi.

Fabio Petracci – Presidente Centro Studi di CIU Unionquadri

Notizie CESE: Appello alla società civile dei paesi candidati all’adesione all’UE.

Appello alla società civile dei paesi candidati all’adesione: candidarsi per partecipare ai lavori del CESE

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) lancia un invito a manifestare interesse invitando i rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro, dei sindacati e delle organizzazioni della società civile dei paesi candidati all’adesione all’UE [1] a partecipare al progetto pilota del CESE e a diventare “partecipazione dell’allargamento” membri candidati” (ECM). Questa iniziativa fa del CESE la prima istituzione dell’UE ad offrire ai paesi candidati un’opportunità specifica di coinvolgimento e partecipazione. L’iniziativa è concepita come progetto pilota di un anno per il 2024 e sarà valutata a dicembre 2024.

Cos’è il CESE?

Il CESE è parte integrante dell’UE: è stato istituito nel 1957 dal Trattato di Roma per fornire consulenza ai decisori europei e garantire che le organizzazioni e le reti della società civile in tutto il continente abbiano voce in capitolo nello sviluppo dell’Europa. Il CESE è un forum unico di consultazione, dialogo e consenso tra i rappresentanti di tutti i settori della società civile organizzata. Queste organizzazioni spesso fungono da intermediari tra i decisori politici e il pubblico, offrendo alle persone la possibilità di svolgere un ruolo attivo nel determinare il cambiamento o nel sostenere cause specifiche per il bene comune. L’obiettivo del CESE è contribuire a garantire che la formulazione delle politiche e della legislazione dell’UE sia più democratica e più efficace e rispecchi realmente le esigenze dei cittadini dell’UE. Un numero significativo di iniziative legislative dell’UE devono essere sottoposte al CESE per un parere obbligatorio prima della loro adozione.

Con sede a Bruxelles, il CESE è composto da 329 membri provenienti da tutti i 27 Stati membri dell’UE. I membri provengono da tutti gli ambienti sociali e professionali e hanno una vasta gamma di conoscenze ed esperienze. Rappresentano le associazioni dei datori di lavoro, l’industria, le camere di commercio, le associazioni delle piccole e medie imprese (PMI), i sindacati, i consumatori, gli agricoltori, le professioni liberali, gli attivisti per la disabilità, il mondo accademico, i gruppi per i diritti delle donne, gli ambientalisti, le cooperative, le organizzazioni giovanili, organizzazioni per i diritti umani, ecc. In totale, il CESE riunisce circa 250 organizzazioni e reti a livello nazionale, che rappresentano milioni di cittadini dell’UE. Il CESE è composto da tre gruppi: il gruppo dei datori di lavoro, il gruppo dei lavoratori e il gruppo delle organizzazioni della società civile.

Qual è il ruolo dei “membri candidati all’allargamento” (ECM)?

“Membro candidato all’allargamento” è un titolo onorifico che dimostra sostegno e considerazione nei confronti dei rappresentanti della società civile dei paesi candidati all’adesione all’UE, senza conferire loro lo status di membro del CESE. Pertanto, il concetto di ECM è distinto da quello di appartenenza al CESE come definito negli articoli da 300 a 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Gli ECM:

  • parteciperebbero all’intero processo di elaborazione dei pareri selezionati del CESE: dai gruppi di studio (dove avrebbero potuto fornire contributi, comprendere, analizzare e commentare le proposte) alle riunioni di sezione e alle sessioni plenarie, che concludono il processo di sviluppo di un processo di elaborazione da parte del CESE opinione;
  • fornirebbe un contributo al processo di elaborazione di una serie di pareri selezionati del CESE (pareri legislativi, esplorativi o di iniziativa) su temi in cui la loro partecipazione è particolarmente rilevante, come importanti pareri legislativi relativi all’allargamento, pareri su questioni di politica paneuropea e globale importanza e pareri faro del CESE di carattere generale;
  • non sarebbero membri del Comitato e non farebbero parte dell’assemblea;
  • non rappresenterebbe il Comitato e non sarebbe autorizzato a parlare a suo nome;
  • non può assumere l’incarico di presidente di un gruppo di studio né di relatore/correlatore;
  • non voterà i pareri nelle riunioni delle sezioni o nelle sessioni plenarie né potrà presentare emendamenti.

Le ECM parteciperebbero anche a una plenaria dedicata all’allargamento, che avrebbe l’obiettivo di fare il punto sull’attuazione dell’iniziativa ma costituirebbe allo stesso tempo un’opportunità per effettuare una “valutazione dello stato di salute dei diritti umani e della democrazia da parte della società civile” nel contesto paesi dell’allargamento e valutare le condizioni della società civile nei paesi candidati.

Il CESE coprirà finanziariamente i costi sostenuti dalle ECM nella misura in cui derivino dalla partecipazione ai lavori del CESE come partecipanti esterni. Ciò significa il rimborso delle spese di viaggio a determinate condizioni e il pagamento di un’indennità giornaliera per il giorno della riunione che copre, ad esempio, vitto, alloggio e trasporto locale.

Qual è il processo di selezione per diventare un “membro candidato all’allargamento” (ECM) ?

Il CESE esaminerà e selezionerà i candidati. Le organizzazioni e i candidati proposti dall’organizzazione saranno selezionati in base ai criteri indicati di seguito. La procedura per la selezione degli ECM differirebbe per i paesi che dispongono di organismi bilaterali derivanti da accordi di associazione dell’UE [2] e per i paesi con i quali non esiste tale organismo. Gli organismi esistenti fungerebbero da parte del pool di ECM per ciascun paese candidato. Attraverso questa procedura si aggiungeranno al pool altre organizzazioni della società civile.

Nel processo di selezione, al fine di creare un pool di organizzazioni della società civile per Paese, si terrà conto di:

  • partecipazione dell’organizzazione specifica al dialogo civile e sociale nazionale;
  • partecipazione a network nazionali o internazionali;
  • adesione dell’organizzazione ai valori dell’UE sanciti dall’articolo 2 TUE;
  • la necessità di un equilibrio di genere e della presenza di rappresentanti delle organizzazioni giovanili;
  • sarà data preferenza alle persone che parlano almeno una delle lingue ufficiali dell’UE.

Il CESE cercherà di creare un pool equilibrato e diversificato di ECM, che rappresenti tre gruppi e diversi segmenti della società civile.

Se la tua organizzazione è interessata a far parte dell’iniziativa ECM, fai domanda fornendo tutti i dati richiesti, entro il 25 gennaio 2024 . Il segretariato del CESE contatterà il pool di potenziali ECM per le fasi successive del processo. Puntiamo a selezionare un pool di un massimo di 21 membri per Ucraina e Turchia e fino a 15 membri per gli altri paesi candidati.

Invia qui le tue candidature fino al 25 gennaio.

La CIU-Unionquadri apre una sede anche a Bruxelles.

La CIU-Unionquadri consolida la sua presenza a Bruxelles con una nuova prestigiosa sede, nella Capitale delle Istituzioni europee ove la Confederazione già opera con un proprio rappresentante in qualità di Membro del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE).

L’obiettivo è quello di intensificare e rafforzare la propria azione tramite un più stretto raccordo con la Commissione Europea e con il Parlamento Europeo.

Gran parte dell’attività e delle iniziative di CIU-UNIONQUADRI, che è presente fin dal 1989 al CNEL e dal 1994 al CESE, hanno infatti rilevanti implicazioni europee; di qui l’importanza di dotarsi di un punto di riferimento non solo tra queste Istituzioni ma anche con tutti gli associati in Italia e all’Estero che sia di ausilio alla sua azione in favore dei quadri intermedi, dei ricercatori e delle professioni autonome e intellettuali.

Gabriella Ancora            Presidente CIU Unionquadri

Maurizio Mensi              Consigliere CESE

Francesco Riva              Consigliere CNEL

20 MILIARDI DI EURO L’ANNO: I COSTI PER IL CANCRO IN ITALIA. PREVENZIONE ATTIVA, LA VERA ARMA VINCENTE.

20 miliardi di euro all’anno: è il costo del cancro per il Sistema Sanitario italiano. Se n’è discusso venerdì scorso al CNEL in un momento di profonda riflessione, voluto dal Dott. Francesco Riva, Consigliere del CNEL oltre che rappresentante della CIU-Unionquadri nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.

Il senso di queste giornate è quello di giungere, in particolare, al cuore dei giovani, informandoli sui migliori comportamenti da adottare per evitare l’insorgere di patologie capaci di pregiudicare la qualità delle loro vite.

Il costo del cancro per la collettività

Il costo mondiale delle patologie oncologiche, secondo l’OMS, ammonta ad una cifra pari a 1.16 trilioni di dollari nel 2023. Per questo la lotta al cancro deve partire dalla prevenzione, aumentando la consapevolezza di tutti quei comportamenti errati e abilitanti all’insorgenza delle patologie oncologiche: sedentarietà, obesità e consumo di alcol.

Nell’Aula Marco Biagi a Villa Lubin: Saverio Cinieri, Presidente Fondazione AIOM, il Prof. Francesco Cognetti, Adriana Albini, IEO e Responsabile del Working Group Cancer Prevention di AACR (American Association for Cancer Research), Flaminia Augello dell’Associazione “Le 12 Querce”, Giuseppe Mucci, Presidente di Bioscience Foundation. Mauro Boldrini, Direttore della comunicazione AIOM, moderatore.

La prevenzione come chiave di successo

È indiscutibile che la prevenzione rappresenti la chiave per ridurre l’incidenza del cancro e, di conseguenza, i costi sostenuti dal sistema sanitario. Una maggiore attenzione alla prevenzione attiva può contribuire a contrastare i fattori di rischio associati a molte forme di cancro. Accanto a fattori non modificabili, come l’età e la genetica, ce ne sono altre, come appunto gli stili di vita, su cui è possibile intervenire per contrastare possibili insorgenze.

Un appello alla responsabilità individuale e collettiva

Secondo gli ultimi dati, nel corso dei prossimi 20 anni ci sarà un continuo aumento dell’incidenza tumorale. Le patologie cardiache si prevengono, soprattutto, adeguando i fattori comportamentali come fumo, sovrappeso, obesità, droghe, sedentarietà, alcol e stress. Sulla prevenzione si investe ancora poco, e per questo il gioco di squadra di tutte le Istituzioni appare quanto mai necessario. La lotta al cancro, infatti, richiede un impegno collettivo. Ognuno può fare la differenza adottando uno stile di vita sano e partecipando attivamente a iniziative di prevenzione. È responsabilità di tutti lavorare insieme per costruire un futuro in cui il cancro non rappresenti più una minaccia per la nostra società.