Le Imprese per il South Working.

ITALIA OGGI SETTE – 29-08-2022

Sezione: LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Le Imprese per il South Working

Due aziende su tre disponibili ad aprire hub di lavoro al sud.

Aziende pronte ad abbracciare il «south working». Due società su tre si dichiarano infatti disponibili ad aprire hub di lavoro al sud, andando a creare spazi di co-working o veri e propri uffici dislocati in aree lontane dalle grandi città. Questo non solo per andare incontro alle esigenze dei propri dipendenti e per contribuire alla crescita di questi luoghi, ma anche per accedere a figure professionali difficili da reperire. Lo rivela la ricerca di Randstad e Fondazione per la sussidiarietà (Fps) «South working per lo sviluppo responsabile e sostenibile del Paese», presentata al meeting di Rimini. Dalla ricerca emerge, innanzitutto, che più del 77% delle aziende intervistate ha dichiarato di fare già uso di lavoro agile o telelavoro, anche se in misura e modalità diverse. «Nonostante la distinzione tra lavoro agile e telelavoro sia piuttosto ben delineata nel panorama lavorativo, emerge con chiarezza un orientamento comune da parte delle aziende intervistate: queste, infatti, ricorrono più frequentemente allo smart working o lavoro agile – più che al telelavoro – in una misura variabile tra i 2 ed i 3 giorni a settimana sulla base delle funzioni aziendali, con la tendenza a ridurre le giornate di smart working per le figure del middle management», si legge nella ricerca. Indipendentemente dall’uso di lavoro agile o telelavoro, le aziende intervistate dichiarano una disponibilità allo svolgimento delle attività al di fuori dei locali aziendali (42%). Il 12% è disponibile allo svolgimento delle attività fuori dalla sede abituale per 1 giorno a settimana o cinque giorni a settimana (i due estremi), il 46% invece concede ai propri dipendenti di svolgere l’attività lavorativa presso altra sede in un intervallo tra i due ed i cinque giorni a settimana. Il lavoro nel Mezzogiorno. Il report si concentra poi sulla situazione al sud, un territorio che va incontro ad un calo della popolazione nei prossimi anni superiore alla tendenza nazionale. Entro il 2030 gli abitanti tra 20-64 anni si ridurranno dell’11% nel Mezzogiorno, rispetto al -6,7% atteso a livello nazionale. Questo andamento, rivela la ricerca, è effetto non solo di fattori demografici, ma di nuovi flussi migratori interni, legati alla ricerca di lavoro qualificato. I ricercatori hanno analizzato oltre 1 milione e 420mi1a offerte di lavoro pubblicate sui principali siti di ricerca online tra il 2019 e il 2021. Le offerte di lavoro al Sud sono state solo l’8% del totale, mentre il 78% dei posti di lavoro sono concentrati nel Nord e il 14% nel Centro. L’ultima sezione dell’intervista cerca quindi definire la disponibilità delle aziende intervistate a costruire un hub di lavoro al Sud. Il dato evidenzia un parziale interesse delle aziende, principalmente legato alla possibilità di ampliare di contribuire allo sviluppo del paese (61%), migliorare il recruitment di alcune figure professionali difficili da reperire nel mercato (48%), ridurre i costi (35,5%). Le aziende intervistate ritengono quindi che un hub lavoro al Sud possa essere gestito direttamente dall’impresa, come se fosse una filiale (61%), piuttosto che tramite società di servizi terze. In termini di caratteristiche che l’hub lavoro dovrebbe possedere, le aziende rispondenti indicano la necessità di fornire servizi di selezione del personale odi sostituzione temporanea delle assenze (51%), deve essere garantita la visibilità della presenza aziendale. Da un punto di vista strutturale e di localizzazione, le aziende concordano con la necessità che l’hub sia collocato nelle vicinanze di infrastrutture di trasporto locali. «Sempre più imprese iniziano a considerare di favorire lo sviluppo nelle aree più fragili del Paese, cercando di trovare anche quelle competenze e quelle risorse preziose che sempre più si fa fatica a trovare nel Nord del Paese», il commento di Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad. «La creazione di un hub di lavoro può davvero essere il volano per il south working, potendo reclutare competenze altrimenti non accessibili, garantire il bilanciamento vita-lavoro alle persone e sostenere di un indotto locale. Ma i presupposti fondamentali per esperienze di south working di successo sono la creazione di un’adeguata infrastruttura digitale, spazi adeguati e uno sforzo multilaterale tra aziende, agenzie per il lavoro, comuni e atenei universitari». «Lo smart working e la creazione di hub nel Sud sono una occasione straordinaria per favorire la crescita del paese e abbattere storiche diseguaglianze», sono invece le parole di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà. «Molti lavoratori qualificati del sud potrebbero così mantenere un legame con il proprio territorio, senza rinunciare a preziose opportunità»