Privacy, regolamentare la figura del Dpo per tutelare la sicurezza delle aziende.

Da CIU-Unionquadri una proposta di legge che punta a definire i contorni giuridici e giuslavoristici di un profilo sempre più strategico per il sistema imprenditoriale nazionale e internazionale
19 marzo 2025
Regolamentare la figura del data protection officer (Dpo) per garantire un’adeguata tutela dei dati personali e potenziare la sicurezza di imprese e cittadini. Puntando su un ventaglio di norme che, dalle competenze fino all’imparzialità del ruolo, siano in grado di definire con chiarezza i contorni giuridici, giuslavoristici ed economici di un profilo professionale ormai sempre più importante per la compliance aziendale e sempre più integrato nei vari settori del tessuto imprenditoriale europeo. Questo l’input al centro del convegno promosso e organizzato da CIU Unionquadri (Confederazione italiana di unione delle professioni intellettuali) e Comitato economico sociale europeo (Cese), «Data protection officer: ruolo e riconoscimento normativo. Verso una proposta di legge normativa», in collaborazione con Centro studi sul management e il lavoro (Cesmal), Centro studi Corrado Rossitto e Centro europeo di studi culturali.
La ricerca
A confermare il valore imprescindibile del Dpo anche i risultati della ricerca condotta da CIU-Unionquadri (membro del Cnel e del Cese) e Cesmal, che sarà presentata oggi nella cornice di Spazio Europa e si propone di capire come il data protection officer sia reclutato, utilizzato e incluso nel sistema impresa.
Su un campione di 100 aziende italiane – attive sia in ambito pubblico sia in ambito privato e che per legge devono avvalersi del Dpo (articoli 37-39 del Gdpr), il 95,7 per cento lo ha introdotto nel proprio organico. Una scelta che, al di là dell’aderenza al diktat normativo, strizza l’occhio a una maggiore consapevolezza del valore della privacy e della riduzione dei rischi, al miglioramento della reputazione aziendale e a una responsabilità tanto sociale quanto etica. Valori più o meno comuni a tutte le imprese considerate, per la maggior parte operative nell’ambito tecnologico (41 per cento), finanziario (16 per cento) e sanitario (13 per cento).
Poche sorprese sul fronte del genere: dietro alla scrivania, anche in questa posizione, si trovano molti più uomini (80,4 per cento) che donne (19,6 per cento). Un risultato che dimostra come gli stereotipi incidano pesantemente sulla distribuzione della leadership, soprattutto in contesti fortemente tecnologici come quelli delle aziende intervistate, dislocate prevalentemente al Centro (50 per cento) e al Nord (43 per cento), con una quota minoritaria al Sud (7 per cento).
Quanto, invece, al reclutamento, sono molte di più le imprese che scelgono di reclutare i propri Dpo dall’esterno (60,9 per cento) e prevalentemente dal settore legale (59,8 per cento) rispetto a quelle che affidano la mansione a dipendenti già assunti (39,1 per cento). In primis per necessità legate al budget a disposizione, poi alla complessità della gestione dei dati e alle risorse disponibili.
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