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WHISTLEBLOWING. Protezione delle persone che segnalano illeciti. Il decreto legislativo.

La norma di derivazione comunitaria abroga la tutela prevista nell’ambito del pubblico impiego dall’articolo 54 bis del DLGS 165/2001 che offriva una tutela maggiormente ristretta nell’ambito del rapporto di impiego e della pubblica amministrazione.

Il nuovo provvedimento legislativo appena entrato in vigore opera in un quadro più generale ed impone specifici adempimenti e procedure non solo all’ANAC, ma pure agli enti pubblici anche locali ed alle aziende private di dimensioni medio grandi.

Il Decreto legislativo 10 marzo 2023 n.24

Il decreto legislativo 10.3.2023 n.24 attua la direttiva comunitaria del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.10.2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni nazionali.

Ambito di applicazione

La norma in questione abroga espressamente la già esistente disposizione di cui all’articolo 54 bis del DLGS 165/2001 (Testo Unico del Pubblico Impiego) che già stabiliva determinate forme di protezione per il dipendente pubblico e per chi comunque in tale ambito segnalava illeciti ai danni della Pubblica Amministrazione, impedendo a carico dei medesimi sanzioni e misure ritorsive.

La nuova normativa disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

E’ inoltre stabilita una sfera di non applicazione limitata a contestazioni, richieste e segnalazioni collegate ad un interesse personale del segnalante o riferite esclusivamente a conflitti individuali di lavoro o di pubblico impiego.

La normativa inoltre non trova applicazione alle segnalazioni obbligatorie di violazioni imposte da normative comunitarie o nazionali. Essa non si applica inoltre alle segnalazioni inerenti la sicurezza nazionale, il segreto professionale, e la segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali.

E’ inoltre delimitato dalla legge l’ambito di applicazione soggettiva della norma.

Essa in primo luogo si applica ai soggetti che per ragioni professionali entrino in contatto con le pubbliche amministrazioni, siano essi pubblici dipendenti o soggetti privati i quali effettuino segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile.

La normativa tutela inoltre i soggetti del settore privato che effettuino segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile inerenti la violazione di normative comunitarie o nazionali.

La tutela è estesa anche ai periodi successivi la cessazione del rapporto di lavoro, i periodi di prova ed alle vicende connesse alle persone che intrattengano rapporti sensibili con il segnalante (colleghi e familiari), ad evitare ritorsioni indirette.

Nell’ambito del settore privato, la tutela è esercitata limitatamente alle imprese che hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato o che comunque rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’unione di cui agli allegati della legge in questione.

In pratica, la tutela coinvolge i seguenti soggetti:

  • dipendenti dalle amministrazioni pubbliche, dipendenti degli enti pubblici economici e dagli enti di diritto privato a controllo pubblico, società in house, concessionari di pubblici servizi, lavoratori del settore privato, liberi professionisti o consulenti che prestano attività presso soggetti del settore pubblico e privato, azionisti ed organi aziendali di controllo.

Segnalazioni interne – Canali di segnalazione interna

E’ fatto obbligo ai soggetti del settore pubblico e privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, di attivare anche in termini di riservatezza , propri canali istituzionali per gestire le segnalazioni. Detti canali debbono essere inseriti nei modelli di organizzazione di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a) del DLGS 231/2001.

Obbligo di costituire appositi canali e uffici di gestione delle segnalazioni

La gestione del canale di segnalazione deve essere affidata ad una persona o ad un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato, ma può anche essere affidata ad un soggetto esterno con analoghi requisiti.

Per quanto riguarda le amministrazioni comunali, è previsto che i comuni diversi dai capoluoghi di provincia possano condividere con altri comuni il canale di segnalazione interna, come pure possono condividere tra di loro l’organo di segnalazione le aziende con un numero di dipendenti non superiore a duecento quarantanove.

I soggetti del settore pubblico cui sia fatto obbligo di prevedere la figura del responsabile della corruzione e della trasparenza, affidano a quest’ultimo la gestione del canale interno.

La segnalazione esterna

E’ possibile anche effettuare ad una segnalazione attraverso canali esterni, laddove nel contesto lavorativo non sia prevista l’attivazione di un canale interno di segnalazione, laddove la segnalazione interna non sia stata riscontrata, laddove si tema fondatamente che sussista un pericolo imminente per il pubblico interesse.

La segnalazione esterna avviene attraverso l’ANAC che deve attivare apposito canale per l’inoltro, tramite l’apposita piattaforma informatica oppure in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.

Appositi adempimenti sono stabiliti dalla legge per l’ANAC, la quale inoltre dovrà pubblicare sul proprio sito internet una sezione dedicata facilmente accessibile con tutta una serie di informazioni indicate dalla legge.

Entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, l’ANAC dovrà approvare apposite linee guida.

Segnalazione ed obbligo di riservatezza – la privacy

Dispone in materia l’articolo 12 di questa disposizione di legge che impone testualmente i seguenti oneri:

Le segnalazioni non possono essere utilizzate oltre quanto necessario per dare adeguato seguito alle stesse.

  1.   L’identità della persona segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi, direttamente o indirettamente, tale identità non possono essere rivelate, senza il consenso espresso della stessa persona segnalante, a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni, espressamente autorizzate a trattare tali dati ai sensi degli articoli 2932, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/679 e dell’articolo 2-quaterdecies del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
  2.   Nell’ambito del procedimento penale, l’identità della persona segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329 del codice di procedura penale.
  3.   Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria.
  4.   Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità della persona segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza del consenso espresso della persona segnalante alla rivelazione della propria identità.
  5.   E’ dato avviso alla persona segnalante mediante comunicazione scritta delle ragioni della rivelazione dei dati riservati, nella ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, nonché nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al presente capo quando la rivelazione della identità della persona segnalante e delle informazioni di cui al comma 2 è indispensabile anche ai fini della difesa della persona coinvolta.
  6.   I soggetti del settore pubblico e del settore privato, l’ANAC, nonché le autorità amministrative cui l’ANAC trasmette le segnalazioni esterne di loro competenza, tutelano l’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione nel rispetto delle medesime garanzie previste in favore della persona segnalante.
  7.   La segnalazione è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché dagli articoli 5 e seguenti del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
  8.   Ferma la previsione dei commi da 1 a 8, nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al presente capo, la persona coinvolta può essere sentita, ovvero, su sua richiesta, è sentita, anche mediante procedimento cartolare attraverso l’acquisizione di osservazioni scritte e documenti.”

Il successivo articolo 13 è invece dedicato al trattamento dei dati personali.

Le misure di protezione

Allorquando il segnalante fornisce notizie vere o rientranti nell’ambito dell’operatività della legge, operano a suo favore le misure di protezione previste dalla legge e vengono meno qualora il segnalante sia condannato anche solo in primo grado per calunnia o altri reati connessi alla segnalazione effettuata.

Sino a quel momento e all’accertamento di fatti contrari, opera a favore del segnalante la presunzione che qualunque azione giudiziaria, contabile, disciplinare, risarcitoria, siano connesse alla segnalazione effettuata. L’onere di provare il contrario è posto a carico di chi avrebbe posto in essere gli atti segnalati.

La legge quindi indica talune fattispecie tipiche ritorsive come:

  1. a)  il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;
  2. b)  la retrocessione di grado o la mancata promozione;
  3. c)  il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;
  4. d)  la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
  5. e)  le note di merito negative o le referenze negative;
  6. f)  l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
  7. g)  la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
  8. h)  la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
  9. i)  la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
  10. l)  il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
  11. m)  i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;
  12. n)  l’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;
  13. o)  la conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;
  14. p)  l’annullamento di una licenza o di un permesso;
  15. q)  la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

Nel caso di ritorsioni ne viene data comunicazione all’ANAC che in caso di ritorsioni attinenti il settore pubblico, ne dà comunicazione al Dipartimento per la Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e presso gli eventuali organismi di disciplina e di garanzia.

Nel caso di ritorsioni effettuate in ambito di lavoro privato, ne viene data comunicazioni all’Ispettorato del Lavoro.

Al fine di acquisire elementi istruttori, L’ANAC può avvalersi dell’Ispettorato della Funzione Pubblica e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Gli atti ritorsivi assunti sono considerati nulli ed il licenziamento ritorsivo comporta la reintegra nel posto di lavoro.

Misure di sostegno

A favore dei soggetti segnalanti, ANAC ed altri enti del Terzo Settore forniscono misure di sostegno come informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.

Fabio Petracci

Smart Working. Le regole sino al 30 giugno 2023.

In sede di conversione in legge del Milleproroghe è stato inserito il comma 4-ter all’articolo 9, con cui si dispone la proroga del diritto allo Smart Working per i lavoratori fragili, sino al 30 giugno 2023.

Non sussiste comunque in alcuno dei casi che andremo ad esaminare, un diritto del lavoratore incondizionato a richiedere di operare in Smart Working.

Resta in ogni caso, il diritto del datore di lavoro di valutare la compatibilità della richiesta con le caratteristiche della prestazione.

La valutazione datoriale non può essere discrezionale ma deve essere resa su una effettiva valutazione della compatibilità delle mansioni sia con l lavoro agile che con l’organizzazione dell’azienda.

E’ stato previsto come l’attività in Smart Working possa avvenire anche mediante lo svolgimento di diversa mansione, purchè appartenente alla stessa categoria o area di inquadramento.

In ogni caso, L’assegnazione di mansioni diverse comportare una decurtazione della retribuzione in godimento.

Lavoratori fragili

In sede di conversione in legge del Milleproroghe è stato inserito il comma 4-ter all’articolo 9, con cui si dispone la proroga del diritto allo smart working per i lavoratori fragili, sino al 30 giugno 2023.

Il nuovo comma 5-ter inserito all’articolo 9 del Milleproroghe prevede la proroga sino al 30 giugno 2023 delle misure previste al punto 2, allegato B, del Decreto – legge 24 marzo 2022 numero 24 e quindi dell’accesso al Lavoro agile per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di 14 anni, disciplinato dall’articolo 90, comma 1, Decreto – legge 19 maggio 2020 numero 34.

I genitori  in questione hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della Legge numero 81/2017.

Sono previste anche ipotesi di esclusioni dallo smart working, qualora nel nucleo familiare sia presente un altro genitore:

  • Beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa;
  • Non lavoratore.

In  ogni caso , la modalità di lavoro a distanza dev’essere compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Va notato come  la proroga dello smart-working per i lavoratori fragili interessa tanto i dipendenti pubblici quanto quelli privati, la misura a beneficio dei genitori di under 14  sia riservata al solo personale del settore privato.

Sono inoltre previste delle priorità per l’accesso al Lavoro Agile, in quanto le aziende sono comunque tenute a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del lavoro in modalità agile formulate dalle seguenti categorie di lavoratori:

  • Con figli fino a 12 anni di età;
  • Con figli in condizioni di disabilità (senza limiti di età);
  • Con disabilità in situazione di gravità accertata o caregivers ai sensi dell’articolo 1, comma 255, Legge numero 205/2017.

Si intende per Caregiver colui che si prende cura di:

  • Coniuge;
  • Altra parte dell’unione civile o del convivente di fatto;
  • Un familiare o affine entro il secondo grado ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, Legge numero 104/1992, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non è autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, è riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ex articolo 3, comma 3, della stessa Legge numero 104 o è titolare

E’ tutelata inoltre la retribuzione di chi presta la propria attività in Lavoro Agile.

Il lavoratore in smart working ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente garantito, in attuazione dei contratti collettivi, ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. Nessuna disparità di stipendio può quindi essere applicata dal datore di lavoro.

Nello specifico, le ore svolte a distanza sono:

  • Equiparate a quelle ordinarie rese in presenza;
  • Conferiscono il diritto alla maturazione di ferie, permessi, mensilità aggiuntive e TFR;
  • Conteggiate ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore in azienda.

Per quanto riguarda le regole concernenti l’orario di lavoro

Si ribadisce la differenza tra Smart Working e Home Working o Remote Working. Una delle caratteristiche principali dello Smart-Working è infatti lo svolgimento dell’attività senza precisi vincoli di orario.

La prestazione deve comunque avvenire nel rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, definiti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

A tutela della salute psico-fisica del lavoratore devono essere garantiti i tempi di riposo ed il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità.

Per quanto riguarda gli straordinari

Come espressamente previsto nel Protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato, sottoscritto dal Ministero del lavoro e le parti sociali il 7 dicembre 2021, salvo esplicita previsione da parte della contrattazione collettiva, durante le giornate di smart-working “non possono essere di norma previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario” (articolo 3, comma 4).

In merito alle assenze

Il lavoratore a distanza ha diritto, al pari dei colleghi in sede, di assentarsi per:

  • Ferie e permessi retribuiti definiti dalla legge e dal contratto collettivo applicato, sfruttando lo stesso monte ore previsto per chi lavora in presenza;
  • Malattia, infortunio, maternità ed altri esempi di assenze giustificate;
  • Permessi retribuiti per disabili o per l’assistenza a familiari disabili ai sensi della Legge numero 104/1992.

Il già citato Protocollo sullo smart working prevede (articolo 3, comma 5) che nei casi di “assenze c.d. legittime (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, ecc.)” il dipendente può “disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista dell’attività lavorativa”.

Riforma fiscale: le novità in materia di tassazione delle persone fisiche.

La Delega al Governo per la riforma fiscale n. 1038

Approdato in prima lettura a Montecitorio il 23 marzo il disegno di legge delega (Atto Camera 1038) varato dal Consiglio dei ministri del 16 marzo si compone di venti articoli, suddivisi in cinque titoli: i principi generali e i tempi di attuazione (artt. 1-4); i tributi, raggruppati in imposte sui redditi, Iva e Irap (artt. 5-9), altri tributi indiretti (artt. 10-12), giochi (art. 13); i procedimenti (artt. 14-17) e le sanzioni (art. 18); testi unici e codici (art. 19); disposizioni finanziarie (art. 20).

Dall’entrata in vigore della legge decorrono i ventiquattro mesi previsti affinchè il Governo dia concreta attuazione alla riforma con i necessari decreti legislativi, rispettosi, oltre che dei princìpi costituzionali e del diritto dell’Unione europea e internazionale, anche dei princìpi e dei criteri definiti con la medesima delega (art. 1).

In particolare, le nuove norme avranno il fine di: stimolare la crescita economica attraverso l’aumento dell’efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscal, anche per sostenere famiglie, lavoratori e imprese; prevenire e ridurre l’evasione e l’elusione fiscali; razionalizzare e semplificare il sistema tributario; facilitare gli adempimenti dichiarativi e di versamento a carico contribuenti; assicurare un trattamento particolare per gli atti di trasferimento o di destinazione di beni e diritti in favore di persone con disabilità (art. 2).

Inoltre, andranno garantiti: l’adeguamento del diritto nazionale ai princìpi generali del diritto tributario Ue e internazionale, tenendo conto anche dell’evoluzione giurisprudenziale della Corte di giustizia; la coerenza del nostro ordinamento con le raccomandazioni Ocse nell’ambito del progetto Beps; la revisione della disciplina della residenza fiscale di persone fisiche e giuridiche l’introduzione di incentivi all’investimento o al trasferimento di capitali in Italia per promuovere
attività economiche nel nostro Paese (articolo 3).

La nuova tassazione delle persone fisiche

Nel processo di riforma fiscale l’imposizione sui redditi rappresenta uno dei momenti di maggior ridefinizione ad incominicare dell’imposta sulle persone fisiche (I.IR.Pe.F.).

In particolare, in aderenza ad alcuni principi di carattere generale, quali la semplificazione del sistema per garantire l’equità orizzontale anche attraverso la riduzione della pressione fiscale, nessuna delle attuali sei categorie di reddito soggette ad I.R.Pe.F. sarà risparmiata da modifiche.

Come risulta dagli Atti parlamentari (xix legislatura A.C. n. 1038) l’art. 5 della delega si occupa dei “Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche” nell’ottica di una sostanziale revisione e riduzione graduale del peso fiscale.

Attualmente, la base imponibile dell’ I.R.Pe.F., è fortemente erosa in quanto molte categorie di reddito sono sottratte all’imposizione progressiva e sottoposte a tassazione proporzionale. Inoltre, esiste un’ampia varietà di spese fiscali (deduzioni dalla base imponibile e detrazioni dall’imposta) che rendono il sistema complesso e di difficile controllo da parte dell’Amministrazione.

A fronte di queste criticità, la delega prevede una revisione organica e complessiva del sistema che dovrà intervenire, nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva di transitare verso un sistema ad imposta unica, nella direzione di un riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito e delle aliquote di imposta, delle detrazioni dall’imposta lorda e dei crediti d’imposta, con particolare riguardo alla composizione del nucleo familiare e ai costi sostenuti per la crescita dei figli, alla tutela del bene casa e della salute delle persone, dell’istruzione, della previdenza complementare e con l’obiettivo del miglioramento dell’efficienza energetica, nonché della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente.

Inoltre il citato disegno di legge delega del marzo 2023 si propone anche un riordino delle c.d. tax expenditures, il cui impianto normativo complessivo appare, come segnalato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 120/2020, una costruzione che, condizionata dall’alto tasso di dinamismo delle politiche finanziarie, è concettualmente poco ordinata e caratterizzata da una certa eterogeneità in termini definitori e da una notevole approssimazione del linguaggio normativo.
In particolare con i principi e criteri direttivi elencati nell’art. 5, lettera a), numero 2), si intende perseguire in modo graduale l’obiettivo dell’equità orizzontale da raggiungere, attraverso:

  • l’individuazione di una unica fascia di esenzione fiscale e di un medesimo onere impositivo a prescindere dalle diverse categorie di reddito prodotto, privilegiando, in particolare, l’equiparazione tra i redditi di lavoro dipendente e i redditi di pensione;
  • il riconoscimento della deducibilità, anche in misura forfettizzata, delle spese sostenute per la produzione del reddito di lavoro dipendente e assimilato;
  • la possibilità per tutti i contribuenti di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria e, in caso di incapienza, di dedurre l’eccedenza dal reddito complessivo;
  • l’applicazione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, di un’imposta sostitutiva dell’ I.R.Pe.F. e relative addizionali con aliquota agevolata su una base imponibile commisurata all’incremento del reddito del periodo d’imposta rispetto al reddito di periodo più elevato tra quelli relativi ai tre periodi d’imposta precedenti, con possibilità di prevedere limiti al reddito agevolabile e un regime particolare per i redditi di lavoro dipendente che agevoli l’incremento reddituale del periodo d’imposta rispetto a quello del precedente periodo d’imposta.

Innanzitutto la volontà del delegante è quella di eliminare le differenze, attualmente esistenti, tra i trattamenti fiscali dei redditi riconducibili alle varie categorie, e in particolare tra redditi di lavoro dipendente (ed assimilati) da un lato e redditi di lavoro autonomo e d’impresa dall’altro.

In quest’ottica  pertanto si intende consentire la deducibilità delle spese sostenute per la produzione del reddito di lavoro dipendente e assimilato, così come già previsto per i redditi di lavoro autonomo. Inoltre si introduce la possibilità per tutti i contribuenti di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria, consentendo, in caso di incapienza, di dedurre l’eccedenza dal reddito complessivo.

La novità si applica anche per l’imprenditore individuale ed al lavoratore autonomo, i quali potranno dedurre i contributi previdenziali dal reddito di categoria, mentre solo in caso di incapienza, i contributi in questione, per un ammontare pari all’eccedenza non dedotta, saranno deducibili dal reddito complessivo.

Infine si prevede l’inclusione dei redditi assoggettati a imposte sostitutive e a ritenute alla fonte a titolo di imposta nella nozione di reddito complessivo rilevante ai fini della spettanza delle detrazioni, delle deduzioni o dei benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria. I redditi di natura finanziaria vengono esclusi da tale principio. Con tale disposizione si intendono superare le differenze di trattamento tra contribuenti in sede di applicazione di detrazioni o deduzioni fiscali, in quanto i soggetti possessori di redditi assoggettati a regimi sostitutivi o a ritenute alla fonte a titolo d’imposta erano favoriti poiché tali redditi non confluivano nella determinazione del reddito complessivo ai fini del calcolo delle agevolazioni fiscali o di altri benefici.

Verà novità resta comunque la previsione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, di un’imposta sostitutiva dell’I.R.Pe.F. e relative addizionali, con aliquota agevolata su una base imponibile commisurata all’incremento del reddito del periodo d’imposta rispetto al reddito di periodo più elevato tra quelli relativi ai tre periodi d’imposta precedenti.

La nuova delega si presenta sul punto sostanzialmente diversa dalla precedente proposta di riforma (XVIII legislatura A.S. 2651: “Delega al Governo per la riforma fiscale”, approvato dalla Camera dei deputati nel luglio 2022) il cui art. 2 (Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione personale sui redditi) prevedeva, alla lettera c), punto 1), la graduale riduzione delle aliquote medie effettive derivanti dall’applicazione dell’I.R.Pe.F., a partire da quelle relative ai redditi medio-bassi, anche al fine di incentivare l’offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, con particolare riferimento ai giovani e ai secondi percettori di reddito, nonché l’attività imprenditoriale e l’emersione degli imponibili.

Le novità per i redditi di lavoro autonomo

Per i redditi di lavoro autonomo l’art. 5, comma 1, lett. e, prevede la semplificazione e la razionalizzazione dei criteri di determinazione del reddito stabilendo, in particolare, il concorso alla formazione di tale reddito di tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo conseguiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale, ad esclusione delle somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute e riaddebitate al cliente, non deducibili dal reddito dell’esercente un’arte o professione. Con tale disposizione si intende, innanzitutto, introdurre un criterio di onnicomprensività analogo a quello vigente per i redditi di lavoro dipendente. Viene, altresì, superata la criticità emergente, per i lavoratori autonomi, di dover considerare compensi anche l’ammontare delle spese che contrattualmente sono a carico del committente e che sono da quest’ultimo rimborsate: ciò in quanto il contrasto di interessi tra il detto committente e l’artista o il professionista è sufficiente a disincentivare possibili comportamenti evasivi. Ne consegue che tali spese, che non concorreranno alla formazione del reddito, non saranno deducibili per il lavoratore autonomo. Inoltre il criterio di imputazione temporale dei compensi dovrà essere corrispondente a quello di effettuazione delle ritenute da parte del committente.

La delega si preoccupa altresì di elinare la disparità di trattamento tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in locazione finanziaria (leasing) degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente. Attualmente è, infatti, normativamente stabilita la deducibilità, per un periodo non inferiore a 12 anni, dei canoni di leasing relativi agli immobili strumentali mentre le quote di ammortamento del costo degli stessi beni non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo. Per gli immobili utilizzati promiscuamente è prevista invece la deducibilità dei canoni di leasing nella misura del 50 per cento, mentre in caso di acquisto dell’immobile in proprietà è consentita soltanto la deduzione del 50 per cento della rendita catastale. In tal modo si verifica, però, una ingiustificata disparità di trattamento tra le due diverse modalità di acquisizione degli immobili in esame che la norma di delega intende superare.

Ulteriore profilo riguarda la riduzione delle ritenute operate sui compensi degli esercenti arti o professioni che si avvalgono in via continuativa e rilevante dell’opera di dipendenti o di altre tipologie di collaboratori, al fine di evitare l’insorgere di sistematiche situazioni creditorie. Si ricorda che un’analoga previsione normativa è attualmente prevista, nell’articolo 25-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, per gli intermediari del commercio. L’intervento normativo in esame è finalizzato a evitare l’insorgere di sistematiche posizioni creditorie da parte dei lavoratori autonomi determinate dal versamento di ritenute molto gravose, perché́ calcolate sui corrispettivi lordi e non sul reddito, determinato tenendo conto dei costi, spesso molto elevati.

Infine viene prevista la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti. Il legislatore delegante, nell’ottica del sostegno all’aggregazione nell’ambito delle attività di lavoro professionale, ha inteso introdurre criteri di razionalizzazione e semplificazione della materia, nonché equiparazione rispetto a quanto già previsto per le attività d’impresa. In quest’ottica è stata appunto prevista, similmente a quanto accade per le imprese, la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione, incluso il “passaggio” da associazioni professionali a società tra professionisti (STP), attualmente caratterizzate dal principio di realizzo. La neutralità dell’operazione straordinaria comporta che i valori facenti parte del patrimonio del dante causa sono acquisiti dall’avente causa al medesimo valore fiscale assunto in capo allo stesso dante causa e trattati, conseguentemente, in continuità di valori.

Le modifiche nella disciplina dell’I.R.A.P.

L’art. 8 del disegno di legge delega (“ Principi e criteri direttivi per il graduale superamento dell’imposta regionale sulle attività produttive”) conferisce al Governo la possibilità di disporre una revisione organica dell’I.R.A.P. volta all’abrogazione del medesimo tributo e alla contestuale istituzione di una sovraimposta tale da assicurare un equivalente gettito fiscale atto a garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario, nonché il finanziamento delle Regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero che sono sottoposte a piani di rientro, di cui all’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e all’articolo 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2008, n. 191. La detta sovraimposta dovrà essere determinata con le stesse regole previste per l’I.Re.S., con esclusione della disciplina in materia di riporto delle perdite, e va ripartita tra le Regioni sulla base dei criteri vigenti in materia di I.R.A.P. Il superamento dell’I.R.A.P. dovrà attuarsi in modo graduale dando priorità alle società di persone e alle associazioni tra artisti e professionisti; in una successiva fase verrà esteso alle società di capitali. Si precisa, infine, che la revisione e il graduale superamento dell’I.R.A.P. dovrà avvenire senza alcun impatto sul carico tributario gravante sui redditi di lavoro dipendente e di pensione.

Anche in questo caso la nuova delega si presenta diversa dalla precedente proposta di riforma (XVIII legislatura A.S. 2651) dove, all’art. 5 (Princìpi e criteri direttivi per il graduale superamento dell’imposta regionale sulle attività produttive) veniva previsto il graduale ma completo superamento dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), con priorità per le società di persone, gli studi associati e le società tra professionisti.

Nell’occasione si era evidenziata peraltro l’opportunità di acquisire indicazioni di massima riguardo alle modalità con le quali si intendava attuare il superamento dell’imposta garantendo comunque il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale, il gettito dell’imposta, in misura equivalente, per le regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario, ovvero sottoposte a piani di rientro con applicazione di aliquote IRAP maggiorate. Probabilmente questa ulteriore valutazione ha spinto il nuovo Delegante a prevedere la sostituzione del tributo con altro prelievo in grado di garantire il fabbisogno in questione.

Avvocato Stefano Sibelja

Responsabilità del pubblico dipendente – Azione penale e presunzione di innocenza.

Da quando decorre la prescrizione nell’azione davanti alla Corte dei Conti per il danno all’immagine arrecato dal dipendente alla pubblica amministrazione?

La Sezione Centrale della Corte dei Conti con sentenza del 6 maggio 2008 che vedeva il caso di un dipendente pubblico assolto per prescrizione nel giudizio penale di secondo grado, ha ritenuto come ben potesse la Pubblica Amministrazione agire contro il funzionario per il danno all’immagine arrecato alla Pubblica Amministrazione, in quanto il danno si era concretizzato con la pronuncia della sentenza e con la sua diffusione.

Quindi di fronte ad un danno all’immagine, la prescrizione decorre dal momento della scoperta e della divulgazione a mezzo stampa del fatto lesivo dell’immagine dell’amministrazione che nel caso di specie coincideva con l’arresto del funzionario infedele.

Sino a che punto il giudizio penale interferisce nell’ambito del pubblico impiego nel giudizio disciplinare ed in quello di danno innanzi alla Corte dei Conti.

Il giudizio della Corte dei Conti e di altro giudice non penale può basarsi, ma non esclusivamente sulle risultanze di un procedimento penale conclusosi senza condanna.

L’imputato condannato anche dinnanzi alla Corte dei Conti a risarcire il danno all’immagine alla propria amministrazione ricorre poi alla Corte di Strasburgo.

Il ricorrente riteneva violato l’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che ritiene come ogni imputato debba essere considerato innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. ( presunzione di innocenza).

Vi corrisponde nell’ordinamento nazionale l’articolo 48 della Carta Costituzionale che stabilisce la presunzione di innocenza sino al definitivo accertamento della colpevolezza.

Questi principi fondamentali si saldano con le norme penali che stabiliscono l’efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno.

L’articolo 651 del codice di procedura penale stabilisce la generale efficacia nell’ordinamento della sentenza penale irrevocabile di condanna, affermando testualmente che “. La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale.

  1. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell’articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.

Ulteriore norma di raccordo è data dal successivo articolo 652 del codice di procedura penale che nello specifico affronta il tema della valenza della sentenza irrevocabile di condanna tanto nel giudizio civile di danno che in quello amministrativo, e che testualmente stabilisce come

  1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima  nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell’interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’articolo 75, comma 2 
  2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell’articolo 442, se la parte civile ha accettato il rito abbreviato.

Riguardo invece alla valenza del giudicato penale nel giudizio disciplinare innanzi alle pubbliche amministrazioni, interviene il successivo articolo 653 del codice di procedura penale che così stabilisce:

  1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso 2.

1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.”

In sintesi è solo la condanna irrevocabile di condanna o di assoluzione ad assumere efficacia in altro procedimento civile, amministrativo, disciplinare ed esclusivamente all’accertamento del fatto, o la sua commissione da parte dell’imputato o alla sussistenza di scriminanti.

In ogni caso, la pendenza di un giudizio penale in assenza di sentenza avente effetto di giudicato, può produrre effetti sul rapporto di lavoro previsti dalla legge.

Il tema è affrontato dalla legge 97/2001 che all’articolo 3 prevede la misura cautelare del trasferimento a seguito di rinvio a giudizio.

Il successivo articolo 4 prevede l’istituto della sospensione necessaria anche in caso di condanna non definitiva per la gran parte di condanna per reati contro la pubblica amministrazione come quelli di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater e 320 del codice penale.

A sua volta in tema di procedimenti disciplinari nell’ambito dell’impiego pubblico, la normativa si qui trattata si salda con le disposizioni di cui al testo unico del pubblico impiego nella parte disciplinare dall’articolo 55 in poi del DLGS 165/2001.

In tema di connessione tra procedimento penale e disciplinare, la materia è trattata all’articolo 55 ter che limita la pregiudiziale penale consentendo la parallela indipendenza del giudizio disciplinare, salvo l’interferenza di quest’ultimo in merito all’accertamento di fatto, e la riapertura del giudizio disciplinare una volta intervenuto il giudicato.

Nel caso di specie, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza del 19 novembre 2021 ha ritenuto come un’autonoma e motivata decisione in sede civile ed amministrativa che non si basi sull’automatico recepimento del giudizio penale può intervenire in qualunque momento del giudizio civile e amministrativo, senza peraltro violare la presunzione di innocenza di cui all’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea

Sulla stessa lunghezza d’onda, si è posta pure la Corte Costituzionale con la sentenza n.182/2021 che ha ritenuto come effettivamente la presunzione di innocenza possa tradursi in una limitazione dei poteri cognitivi e dichiarativi dell’autorità investita del nuovo procedimento non avente natura penale.

Il limite però va ristretto al divieto di emettere per quest’ultima autorità provvedimenti che presuppongano un giudizio di colpevolezza o che siano fondati su un nuovo apprezzamento della responsabilità penale della persona in ordine al reato precedentemente contestato.

Fabio Petracci

RIFORME, BRUNETTA: PRONTI A FARE NOSTRA PARTE SU PROCESSO REVISIONE COSTITUZIONALE

“Il Cnel è lieto di ospitare questo importante evento, un’occasione di riflessione e confronto tra il mondo delle istituzioni e quello accademico. Non mi risulta ci siano stati in Italia molti precedenti di questo genere. Aprire le istituzioni pubbliche a quegli attori della società, a quelle forze economiche e sociali che rappresentano la spina dorsale del nostro sviluppo e incarnano alcuni tra i corpi intermedi, cui la Costituzione, in varie disposizioni e a cominciare dall’art. 2, attribuisce grande rilevanza, è emblematico dello spirito che anima questo momento di confronto”.

Lo ha detto il Presidente del CNEL, Renato Brunetta, aprendo i lavori del convegno “Riforme istituzionali e forme di governo. Un confronto” promosso dalla rivista Federalismi.it e e l’Osservatorio sui processi di governo in corso di svolgimento a Roma nella Plenaria Marco Biagi di Villa Lubin.

“Il CNEL è stato oggetto di un ampio dibattito in Assemblea Costituente, soprattutto allorché si scartò la proposta, originariamente maturata tra prominenti giuristi della Democrazia Cristiana e non solo, di una seconda ‘Camera’ in rappresentanza del lavoro e delle professioni. L’idea di istituire il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, sostenuta da personalità come Mortati, Ruini Tosato e Di Vittorio, rispose pertanto alla volontà di non perdere il significato di quella originaria intuizione. Oggi matura nuovamente e finalmente la volontà di aggiornare il nostro impianto istituzionale. Questo processo riformatore avrà bisogno di idee, determinazione politica e dibattito, oltre che del sostegno della società”, ha aggiunto Brunetta.

“Le formazioni economiche e sociali sono chiamate a essere protagoniste di questo processo; sia come promotori di quel dibattito e di quel sostegno, sia come soggetti che saranno chiamati a svolgere un ruolo nella nuova governance risultante dalle auspicate riforme. Per questo motivo oggi il CNEL non si sente solo ospitante di questo evento, ma tutti noi ci sentiamo vostri ospiti. Siamo desiderosi di ascoltare, capire e contribuire, nella misura che sarà ritenuta appropriata, al processo di revisione costituzionale che ci attende. Abbiamo da scrivere un’importante pagina della nostra storia e il CNEL è pronto a fare la sua parte, raccogliendo gli orientamenti che emergono nei settori della società e della economia, al cui servizio esso è stato pensato dai padri fondatori”, ha concluso il Presidente del CNEL.

CNEL, BRUNETTA: POTENZIEREMO IL NOSTRO RUOLO CONSULTIVO.

“Continuità con il passato. Intendo consolidare il lavoro svolto dal Presidente Tiziano Treu e avviare il rilancio del nostro Consiglio sulla base delle nuove necessità e a valle di nuove norme. Intendo inverare il compito affidato dai Padri costituenti al CNEL e potenziarne il ruolo consultivo ex ante ed ex post nei confronti di Governo e Parlamento. In questa direzione ho già avviato un proficuo confronto con il Presidente del Senato e il Presidente della Camera, oltre che con Palazzo Chigi. Il Consiglio vuole arrivare pronto alle nuove sfide che ci attendono. Per questo abbiamo già avviato la riorganizzazione interna che ci consentirà di rispondere con prontezza ed efficacia ai nostri compiti istituzionali”.

È quanto affermato dal Presidente del CNEL Renato Brunetta nel corso della prima Assemblea che ha presieduto oggi a Roma alla presenza del Segretario Generale Francesco Tufarelli.

“Recentemente, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha auspicato che il CNEL divenga luogo di incontro tra Governo e sindacati. Oltre a questo compito, il Consiglio si propone come sede naturale per il confronto tra le istituzioni e la società civile organizzata, al fine di favorire la progettazione della migliore regolazione possibile. Conferma di questa potenzialità del CNEL è la richiesta giunta, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministro Casellati, di ospitare il prossimo 17 maggio il seminario di costituzionalisti sul tema delle riforme istituzionali, oggi al centro del dibattito tra le forze politiche”, aggiunge Brunetta.

Con analogo spirito di collaborazione istituzionale, l’Assemblea ha accolto la richiesta giunta da parte della Presidenza del Consiglio di un contributo del CNEL sul Decreto flussi, legge 5 maggio 2023 n.5, entro la fine del mese di maggio, per cui sono state attivate le Commissioni competenti e l’Organismo Nazionale di Coordinamento delle politiche di integrazione degli stranieri (ONC) del CNEL.

Le Parti sociali in Assemblea hanno espresso prime impressioni sul DL lavoro per il quale il Presidente ha annunciato un’articolata istruttoria, nell’ambito delle prerogative e delle attribuzioni costituzionali. È stata approvata, inoltre, l’ipotesi di costituire presso il CNEL un forum che raccolga tutte le associazioni rappresentative dei consumatori il cui impatto, peraltro, sulle dinamiche di produzione viene reso preponderante dalla diffusione dei lavori su piattaforma. L’Assemblea, infine, ha valutato favorevolmente l’ipotesi di individuare nel CNEL la sede naturale deputata ad ospitare del Registro dei rappresentanti d’interessi.

LA CIU UNIONQUADRI CONFERMATA AL CNEL PER IL QUINQUENNIO 2023 – 2028.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha deliberato la conferma di CIU Unionquadri al CNEL per il quinquennio 2023 – 2028.

La CIU Unionquadri si conferma come la Confederazione di riferimento dei Quadri e delle professioni intellettuali, storicamente presente al CNEL dal 1989 e al Comitato Economico e Sociale Europeo – CESE di Bruxelles dal 1994, seggio confermato fino all’anno 2025.