Intervento del Dott. Francesco Riva, in qualità di Coordinatore della Consulta Nazionale per la Sicurezza stradale e la Mobilità sostenibile del CNEL.
Francesco Riva è consigliere CNEL in rappresentanza di CIU Unionquadri.
Francesco Riva è consigliere CNEL in rappresentanza di CIU Unionquadri.
Presso la Protomoteca del Campidoglio, si è svolto il convegno di grande rilevanza e interesse per l’economia romana, “Tecnologie innovative per il Turismo e la Moda a Roma: i dati: risorsa per l’economia locale”.
L’argomento principale della giornata è stato come l’applicazione strategica delle tecnologie in questi settori potrà trasformare il panorama economico della città eterna. Il convegno ha evidenziato come l’utilizzo intelligente dei dati può rappresentare una leva potente per la crescita economica, soprattutto considerando il ricco patrimonio culturale e creativo di Roma. Attraverso l’analisi dei dati, è possibile infatti individuare tendenze, comprendere i bisogni dei turisti e dei consumatori ad es. nel settore della moda, e sviluppare strategie di marketing mirate a valorizzare al meglio le risorse della Capitale.
Tra i relatori della giornata figure rilevanti come l’On. Mariano Angelucci, Presidente della XII Commissione Permanente Turismo, Moda, Relazioni Internazionali di Roma Capitale, il quale ha portato il suo contributo sull’analisi delle politiche pubbliche necessarie a sostenere lo sviluppo di queste industrie.
Il panel dei relatori non si è limitato a figure politiche. Alessandro Alongi e Fabio Pompei, giornalisti e autori del fortunato libro “Ti regalo Roma“, hanno condiviso le loro esperienze e riflessioni sull’identità culturale della città e sulle opportunità che essa offre. Massimiliano Paleari, Amministratore di Digitalia, ha presentato le ultime innovazioni tecnologiche applicate al settore, dimostrando come queste possano essere utilizzate per migliorare l’esperienza turistica e di shopping a Roma.
Edoardo Colombo, autore di “Turismo Megatrend“, ha fornito uno sguardo prospettico sulle tendenze future del settore, mentre Emanuel Leandri di Trionica, Salvatore Giambrone di Everest Innovation e Daniela Galdi di Lifeness hanno illustrato casi di successo e progetti innovativi già in corso nella Capitale.
Andrea Camprincoli, autrice del libro “Zampilli romani. Passeggiata letteraria tra le fontane della Capitale“, ha infine offerto una prospettiva poetica e culturale, sottolineando il legame profondo tra l’arte, la storia e il turismo a Roma.
La presenza della CIU Unionquadri, la Confederazione Sindacale che tutela i quadri nel settore privato e pubblico, i ricercatori, i professionisti dipendenti ed il mondo delle professioni intellettuali, presente al CNEL e al Comitato Economico e Sociale Europeo – CESE, è statarappresentata dalla sua Presidente Gabriella Àncora.
La Presidente Àncora riguardo il convegno ha dichiarato: “La CIU Unionquadri da tempo è impegnata nella tutela e nel sostegno nel mondo del Lavoro, del Turismo e della Cultura con manifestazioni quali Rome Art Week; in particolare nelle filiere territoriali lavorative del turismo, del benessere termale e nel settore agroalimentare con numerosi convegni organizzati insieme al CNEL. Attraverso tali azioni CIU Unionquadri si adopera per promuovere politiche e iniziative volte a garantire la sostenibilità e l’accessibilità di queste preziose risorse, contribuendo così al benessere e allo sviluppo delle comunità locali“.
È quanto ha dichiarato il presidente del Cnel Renato Brunetta intervenendo al Comitato esecutivo di Unioncamere.
” LE CAMERE DI COMMERCIO HANNO UN RUOLO STRATEGICO PER IL CNEL”
“Le camere di commercio, queste realtà così antiche e così moderne, hanno da sempre una doppia anima: da una parte espressione del tessuto corporativo del Paese, dall’altra strumento di governo del territorio, con funzioni di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Le camere di commercio – ha aggiunto – rappresentano le istanze più concrete di una società civile che esalta la funzione dell’impresa e al tempo stesso contribuisce al bene di tutti e di ciascuno. È un ruolo strategico per il Cnel, che ci porta a fare un pezzo di strada insieme. Cnel e Unioncamere sono accomunate da un futuro all’insegna del rinnovato protagonismo dei corpi intermedi”.
“GLI INTERESSI DI CATEGORIA SONO UN VALORE AGGIUNTO PER IL PAESE”
“Se le diverse strutture intermedie della società civile si arroccano in una resistenza diffidente a qualsiasi cambiamento, se pensano di lucrare in una logica particolaristica, allora avranno perso l’occasione di essere un valore aggiunto per il Paese. È sbagliato ritenere che gli “interessi di categoria” danneggino in sé la collettività, perché sono invece l’essenza stessa di una società libera e pluralistica. Il danno si produce quando non funzionano o non vengono valorizzate le sedi deputate a fare sintesi e a indirizzare quegli interessi al bene dell’intera comunità”, ha sottolineato Brunetta.
“RAPPRESENTANZA POLITICA NON SUFFICIENTE, SERVE DENSITÀ SOCIALE”
“La rappresentanza politica non è sufficiente a intermediarie tutte le istanze e ad assorbire tutti i conflitti che irradiano e segmentano la società e i processi economici. Serve densità sociale. Servono anche luoghi e momenti in cui possa essere recuperata una visione d’insieme dei grandi cambiamenti in corso e possano avere voce e confrontarsi i segmenti sempre più articolati delle istituzioni, dell’economia e della società. È in questa prospettiva che i padri costituenti hanno voluto il Cnel”, ha concluso.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2274/2024 del 23 gennaio 2024, si pronuncia in merito ad un contenzioso riguardante due licenziamenti disciplinari intimati nei riguardi di un funzionario.
Il primo licenziamento (per indebita consulenza a favore di società di indagati per bancarotta fraudolenta) era stato dichiarato legittimo.
Il secondo licenziamento era stato intimato sulla base dell’addebito di due comportamenti abusivi in favore della famiglia alla quale facevano capo le società indagate per bancarotta; veniva dichiarato l’annullamento del licenziamento, in quanto ritenuto sanzione eccessiva.
Nelle more del giudizio in merito al secondo licenziamento, l’impugnazione del primo licenziamento veniva rigettata dalla Cassazione, dunque l’accertamento in ordine alla legittimità del primo licenziamento è divenuto definitivo.
Si determinava quindi una perdita di interesse del datore di lavoro ad insistere per l’annullamento della pronuncia dichiarativa dell’inefficacia del secondo licenziamento, perché tale inefficacia è ora conclamata per il maturare del giudicato in merito al primo licenziamento.
La Suprema Corte ribadisce il principio consolidato per cui, in tema di rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimare un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo, restando quest’ultimo del tutto autonomo e distinto rispetto al primo, sicché entrambi gli atti di recesso sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento produttivo di effetti solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido o inefficace il precedente.
Ciò significa che è legittima l’intimazione di un secondo licenziamento, per quanto esso nasca come destinato a non avere effetti, se il primo licenziamento non sia caducato.
Ne deriva un’autonomia tra i due licenziamenti, tale per cui l’inefficacia del secondo non può essere giudizialmente dichiarata sulla base di un dato provvisorio, quale derivante dalla pronuncia ancora impugnabile resa sul primo licenziamento.
In tale frangente, il giudice del secondo licenziamento, se il giudizio sul primo licenziamento non sia ancora giunto a pronuncia con sentenza passata in giudicato, deve pronunciare sulla legittimità o meno di esso e non sul nesso tra lo stesso ed il primo.
Trattandosi di due atti sostanziali autonomi, il secondo nasce come inefficace perché successivo ad altro munito di analoghi effetti, ma può divenire successivamente efficace o definitivamente inefficace, allorquando il processo sul primo si definisca con sentenza passata in giudicato.
Quindi, era giustificato che il datore di lavoro proponesse il ricorso per cassazione, stante il fatto che, all’epoca, la sentenza sul primo licenziamento non era ancora definitiva. Tuttavia, con il sopravvenire del giudicato in merito alla legittimità del primo licenziamento, si è realizzata la perdita di interesse del datore di lavoro alla contestazione in merito alla legittimità del secondo licenziamento.
La legge di Bilancio 2024 rintracciabile nell’art. 1 c. da 180 – 182 della legge 30 dicembre 2023 n. 213, ha introdotto un nuovo esonero previdenziale a favore delle lavoratrici con figli. L’esonero, essendo una misura di carattere generale che viene applicata solo sulla quota dei contributi a carico della lavoratrice, NON rientra tra gli aiuti di stato e di conseguenza non è soggetta all’autorizzazione della Commissione Europea. Poiché non è un incentivo all’assunzione, l’applicazione della stessa non è subordinato al possesso del documento unico di regolarità contributiva (DURC)
L’applicazione dell’esonero contributivo in esame è rivolto alle lavoratrici madri dipendenti da datori di lavoro, sia pubblici che privati indipendentemente che siano qualificati o meno come imprenditori con esclusione dei rapporti di lavoro domestico.
All’art. 1 c. 180 (l.213/2020) precisa che l’esonero è destinato alle lavoratrici che nel periodo compreso dal 1/1/2024 al 31/12/2026 siano madri di tre o più figli di cui il più piccolo abbia un età inferiore a 18 anni (17 anni e 364 giorni);
In via sperimentale, solo per il 2024, come previsto all’art. 1 c. 181 (l. 213/2023) l’esonero spetta alle lavoratrici madri in presenza di due figli di cui il più piccolo abbia un età inferiore a 10 anni (9 anni e 364 giorni).
Il requisito si ritiene soddisfatto nel momento della nascita del terzo figlio (o successivo) relativi al periodo 2024/2026, mentre in via sperimentale per il solo 2024 al momento della nascita del secondo figlio.
L’esonero, considerato la parificazione tra filiazione naturale e gli istituti dell’adozione (D. Lgs. n. 151/2001) è applicabile anche in situazioni di figlio in adozione o affidamento.
L’INPS con la circolare n. 27 del 31 gennaio 2024 ha fornito indicazioni e istruzioni per la relativa gestione degli adempimenti previdenziali che sono collegati alla misura dell’esonero contributivo.
L’agevolazione si applica a tutti i rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato sia già instaurato che in via di instaurazione nel periodo di vigenza dell’esonero.
Rientrano tra i rapporti oggetto dell’agevolazione anche:
L’INPS precisa che non produce alcuna decadenza dal diritto a beneficiare della riduzione contributiva al verificarsi dei seguenti eventi:
L’applicazione dell’esonero spetta a partire dal mese di gennaio 2024, laddove la lavoratrice madre sia già in possesso dei requisiti richiesti, o dal mese di realizzazione dell’evento , per i casi in cui il presupposto (nascita secondo figlio o ulteriore figlio) si verifichi nel corso dell’anno.
Come precisato dalla circolare INPS, in caso di nascita di un figlio che fa sorgere il diritto dell’agevolazione o il compimento del limite di età che determina la cessazione dell’agevolazione, l’esonero spetta per l’intero mese in cui si verifica l’evento.
Come precisato dalla circolare INPS 27/2024, fermo restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (non c’è alcuna decurtazione dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche per le lavoratrici) la misura dell’agevolazione, consiste in un esonero del 100% dei contributi IVS al loro carico nel limite massimo di € 3.000,00 annui da riparametrare su base mensile.
Viene prevista la compatibilità con altri rapporti, quindi la lavoratrice titolare di più rapporti può avvalersi dell’esonero per ciascun rapporto di lavoro.
La soglia massima di esonero della contribuzione di cui usufruisce la lavoratrice è:
Le soglie su esposte, trovano applicazione senza alcuna riparametrazione anche nei rapporti di lavoro part-time.
Le lavoratrici che essendo in possesso dei requisiti previsti dalla normativa, avendo diritto all’esonero devono comunicare al proprio datore di lavoro la volontà di fruire della misura in oggetto. Nel caso specifico è necessario comunicare i codici fiscali dei figli al fine di comprovare la sussistenza del diritto all’esonero. Si ritiene opportuno precisare l’importanza di tale adempimento poiché in assenza, l’INPS procede alla revoca del beneficio con eventuale restituzione di quanto già eventualmente fruito a tale titolo. La lavoratrice può comunicare direttamente al proprio datore di lavoro quanto richiesto, o avvalersi di un apposito applicativo messo a disposizione dell’INPS .
(FAC SIMILE COMUNICAZIONE)
Spett.le AZIENDA
La sottoscritta _____________ in forza presso la Vostra azienda dal____________ con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal____________ consapevole delle sanzioni penali richiamate dall’art. 76 ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 in caso di dichiarazioni mendaci e di formazione o uso di atti falsi, dichiara di essere madre dei figli sotto indicati:
COGNOME E NOME DATA DI NASCITA CODICE FISCALE
________________ _______________ _________________________
________________ _______________ _________________________
________________ ________________ ________________________
________________ ________________ ________________________
In base alle informazioni riportate e ai dati forniti
DICHIARO
Di aver diritto alla fruizione dell’esonero a favore delle lavoratrici madri di cui all’art. 1, commi 180 – 182 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, a partire dal periodo ___________ e fino a tutto il periodo _____________.
Firma della lavoratrice
_______________________
STUDIO CONSULENZA LAVORO
Cdl Paolo Grimaldi
Si sente parlare di Chronoworking o di Crono- lavoro.
Qualcuno in maniera forse prematura intravede in questi termini una vera e propria rivoluzione per il mondo del lavoro.
Ci riferiamo al termine Chronoworking coniato dalla giornalista britannica Ellen Scott che ce lo presenta come un’evoluzione naturale del concetto di benessere sul posto di lavoro che dovrebbe accordare la prestazione con i bioritmi del lavoratore.
È forse presto per valutarne la portata e il destino soprattutto in termini così futuribili. Il concetto però va attentamente esaminato.
Ordinariamente, come sappiamo, il rapporto di lavoro si snoda e disciplina in termini di luogo e di tempo. In questo caso sarebbe operata un’importante rivoluzione.
L’autrice, come già accennato, opera un collegamento tra l’organizzazione della giornata lavorativa ed i bioritmi dei dipendenti.
Limitiamoci, per ora, a considerare il tutto come un fattore di libera organizzazione del tempo di lavoro.
Andiamo quindi a verificare l’ambito in cui si pone questo nuovo concetto di lavoro.
Se si vuole collegare il sorgere di questa tendenza a superare i rigidi termini di contenimento della prestazione lavorativa, il riferimento va al periodo post pandemico, allorquando l’organizzazione del lavoro era costantemente alla ricerca di moduli creativi per superare le difficoltà di contatto e trattenere il personale. Si proponeva così lo Smart Working, la settimana lavorativa ridotta ed altro, aprendo la strada a modelli ancora maggiormente creativi.
Lo stesso istituto del Lavoro Agile o Smart Working se rigidamente collegato agli orari di lavoro ed a regole rigide, assume un significato alquanto limitato.
Una volta sganciata la prestazione dal limite di luogo e quindi da un assiduo e costante controllo, è quasi automatico l’affidamento della stessa ad un orario verificabile, ma organizzato dal lavoratore, se non addirittura ad un semplice vincolo quantitativo e qualitativo di produzione da tradursi in un valore orario e quindi economico.
Il superamento di questi limiti sino ad oggi intrinseci alla prestazione di lavoro subordinato non ne esauriscono il concetto e pertanto si dovrà sempre parlare di rapporto di lavoro dipendente.
Essi appaiono infatti come una nuova forma di flessibilità.
Il termine flessibilità nell’ambito del lavoro evoca esperienze non sempre felici soprattutto per i prestatori di lavoro.
Dobbiamo però affrontare queste novità senza preconcetti per verificare se, ove la tipologia del lavoro lo renda possibile, l’organizzazione del tempo di lavoro affidata al dipendente non rappresenti non solo un miglioramento dell’organizzazione e della produzione, ma pure, al di là dei bioritmi, una migliore organizzazione della vita del lavoratore.
Ne dovrebbe quindi derivare una diminuzione dello stress che oggi connota molti rapporti di lavoro, consentendo ai dipendenti di lavorare in modo più equilibrato e sostenibile, aumentando la soddisfazione.
Appare evidente come una simile organizzazione del lavoro non possa coinvolgere tutte le tipologie di prestazione.
Ne risultano evidentemente esclusi tutti quei rapporti di lavoro che coinvolgono rapporti diretti con l’utenza e la clientela che ineriscono a schemi orari di contatto e presenza fisica, come pure i rapporti che presuppongono relazione di controllo e gerarchiche con altro personale.
Chiaramente la contrattazione collettiva non appare idonea a disciplinare una relazione di lavoro dove è il singolo lavoratore ad organizzare individualmente i tempi ed i modi della propria prestazione.
È altresì vero che la mancanza di una cornice di regolazione legale o collettiva potrebbe introdurre abusi e distorsioni.
Sarebbe quindi opportuno ricorrere ad una disciplina quadro di natura collettiva per poi regolare in maniera conforme gli accordi individuali.
Fabio Petracci
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