Come governare l’IA per non restarne vittime. Parla Maurizio Mensi.

L’Intelligenza Artificiale presenta tante opportunità quanti rischi e sempre più attori chiedono una regolamentazione elaborata affinché le prime possano superare di gran lunga i secondi. Formiche.net ne ha parlato con Maurizio Mensi, professore di Diritto dell’economia alla Scuola nazionale dell’amministrazione e direttore del Laboratorio LawLab Luiss

L’analisi costi-benefici dell’Intelligenza Artificiale va avanti. Dal World Economic Forum di Davos, il ceo di OpenAI Sam Altman è tornato a parlare di un’Agenzia internazionale per governare l’IA, così da poterla sfruttare in modo del tutto sicuro. Delle possibili devianze tecnologiche hanno discusso anche il fondatore di Microsoft e tra i maggiori esperti in materia, Bill Gates, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il loro faccia a faccia a Palazzo Chigi. A cui ha preso parte, in qualità di presidente del Comitato per l’Intelligenza artificiale istituito dal governo, padre Paolo Benanti, che poco prima aveva avvertito delle conseguenze nefaste dell’IA sul mondo del giornalismo. Di tutto questo, Formiche.net ne ha discusso con Maurizio Mensi, professore di Diritto dell’economia alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione e direttore del Laboratorio LawLab Luiss, Consigliere CESE a Bruxelles per CIU – Confederazione Italiana di Unione delle Professioni Intellettuali.

Da Davos Sam Altman è tornato a parlare dell’urgenza di regolamentare l’IA. E ha di nuovo paragonato l’intelligenza artificiale all’atomica. Prima che quest’ultima venisse regolata c’è tuttavia voluto un evento come il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. Crede che per capire l’importanza di un’Agenzia internazionale anche per l’IA serva un punto di rottura così forte?

Direi di mettere da parte i toni apocalittici per ragionare su quello che occorre fare, vale a dire stabilire con celerità un quadro di regole condivise e assicurare all’IA una governance adeguata. Per quanto riguarda le prime, quello che sta emergendo come soluzione ottimale a livello internazionale, fra le indicazioni contenute nell’Executive Order della Casa Bianca del 30 ottobre 2023 e quelle nel regolamento europeo di prossima adozione, è una miscela di intervento pubblico e privato. Servono insomma regole giuridiche insieme a quelle deontologiche ed etiche, queste ultime necessarie soprattutto per orientare la ricerca. Occorre infatti garantire che l’IA sia affidabile, spiegabile, tracciabile, trasparente e inclusiva.

Come ci si riesce?

Naturalmente bisogna procedere con cautela, perché ogni nuova regola comporta un costo. È necessario verificare che sia “future proof” e “business friendly”, favorisca la competitività e non la deprima. Di questo pare peraltro sia consapevole l’Unione europea, alla luce dell’“Innovation stress test” che l’attuale presidenza belga sembra intenzionata ad introdurre, ai fini della verifica di impatto preliminare. Quello che Altman evidenzia è inoltre la necessità di una governance adeguata per orientare e favorire lo sviluppo dell’IA. Dato il suo carattere globale, tale fenomeno deve essere affrontato ad un livello adeguato, quello internazionale, con un’apposita sede multilaterale in grado di stabilire standard condivisi.

Il Fondo Monetario Internazionale ha sottolineato che, come le altre rivoluzioni tecnologiche, anche quella dell’IA rischia di ingigantire le disuguaglianze. Esiste un modo per far sì che i suoi benefici vengano distribuiti equamente?

La globalizzazione dei sistemi economici espone i singoli Paesi a forti asimmetrie nei costi e nei benefici della regolazione delle applicazioni dell’IA in molti ambiti. Siamo di fronte a diversi paradigmi normativi, radicati in differenti valori e incentivi. Se il modello europeo è basato sui diritti, quello statunitense è fondato sul mercato e l’autoregolamentazione delle Big Tech, mentre in Cina – che può contare su investimenti illimitati e la disponibilità di ingenti quantità di dati, anche personali, raccolti a prescindere dal rispetto della normativa sulla privacy – l’IA diventa strumento di censura, sorveglianza e propaganda.

E l’Europa?

Ha una fondamentale funzione propulsiva e di guida. Quello che sta delineando con l’AI Act è un modello di riferimento, come è avvenuto nel 2016 con il regolamento sulla protezione dei dati personali. Ritengo che un sistema basato su trasparenza e responsabilità, per esempio stabilendo modalità condivise per la diffusione dei testi generati dall’IA, così come fanno i supermercati e le farmacie che mettono in vendita solo articoli con etichette che indicano la loro composizione e provenienza, possa contribuire a ridurre i rischi di discriminazione creati dall’IA e trovare il giusto equilibrio tra benefici e svantaggi.

Bill Gates è stato a Palazzo Chigi per discutere con Giorgia Meloni dei rischi dell’IA. A suo modo di vedere, quali sono i maggiori?

I chatbot basati sull’IA presentano il rischio di diffondere disinformazione e manipolare utenti per sottrarre loro informazioni personali. In tal senso i rischi possono essere sia materiali (con ricadute sulla salute e sicurezza delle persone, perdita di vite umane o danni patrimoniali) sia immateriali (privazioni della privacy, restrizioni alla libertà di espressione, nocumenti alla dignità umana o discriminazioni, per esempio nell’accesso all’occupazione). Ma soprattutto i sistemi di IA possono incidere sui meccanismi di formazione del consenso e sull’opinione pubblica in generale, arrecando pregiudizio alla stessa democrazia. Le fake news intorno alle elezioni presidenziali Usa del 2016 e lo scandalo Cambridge Analytica/Facebook sulla scia del referendum sulla Brexit mostrano gli impatti potenziali della tecnologia alimentata dall’IA sulla libera informazione e sui risultati delle consultazioni elettorali. Man mano che i modelli di intelligenza artificiale diventano più avanzati, le immagini che creano sono sempre più difficili da distinguere da quelle reali, rendendo difficile capire cosa sia vero. Se le immagini che ritraggono stereotipi amplificati di razza e genere dovessero rientrare nei modelli futuri come dati di addestramento, i modelli di IA di prossima generazione potrebbero creare un effetto a valanga di pregiudizi con delicate implicazioni per la società.

In base alle nuove regole europee, infatti, sono banditi i sistemi di IA che sfruttano le vulnerabilità delle persone, così come è vietata la polizia predittiva e il riconoscimento facciale in tempo reale negli spazi pubblici.

A ciò si aggiunga anche un tema di libertà e sovranità economica: specie per le applicazioni AI cc.dd. generative è necessario avere accesso ad alcuni input (in primis i dati). Come nota il “G7 Digital Competition Communiqué” adottato dalle autorità antitrust dei Paesi lo scorso novembre c’è il rischio che l’accesso e il controllo di questi input finisca in poche mani, creando situazioni di concentrazione economica ancora superiori rispetto quanto già esiste nel digitale con le note GAFAs (Google, Amazon, Facebook e Apple). D’altro canto, l’incremento della partecipazione di Microsoft in ChatGPT ha già destato attenzione a livello antitrust. Ciò detto, non penso che l’incontro a Palazzo Chigi abbia riguardato solo i rischi e gli aspetti negativi, ma si concentri soprattutto sui benefici che l’AI sarà in grado di apportare e le sinergie che potranno emergere da un proficuo ed equilibrato rapporto pubblico-privato.

Come si sta muovendo il governo sull’intelligenza artificiale?

Trovo importante che il governo abbia messo l’IA al centro del suo programma di presidenza del G7, a dimostrazione della consapevolezza delle rilevanti implicazioni del fenomeno e della necessità di affrontarlo nel modo più adeguato. Molto positiva la strategia industriale che sta delineando, volta a valorizzare le imprese nazionali e le startup, così da allineare il nostro Paese alle best practice a livello Ue (Francia, Germania e Spagna, che ha istituito nell’agosto 2023 un’agenzia dedicata all’IA), con un fondo di venture capital potenziato nelle sue disponibilità in grado di sostenere lo sviluppo delle imprese nazionali. Al riguardo, mi pare molto opportuno il dialogo avviato con le Big Tech, che sono i principali attori dell’IA. Sarà importante al riguardo aumentare gli investimenti nell’istruzione e nella formazione, che dovrà essere adattata allo sviluppo e alla ricerca legata all’IA, affrontando al contempo le delicate questioni relative alla proprietà intellettuale per proteggere il diritto d’autore e le opere dell’ingegno. In tal senso spunti interessanti si trovano nel Rapporto di aggiornamento del Piano strategico nazionale di ricerca e sviluppo sull’intelligenza artificiale Usa per il 2023, che ha rilanciato una strategia basata su formazione, hardware (semiconduttori, microchip) e investimenti all’innovazione con il coinvolgimento di partner industriali, mondo accademico e società civile.

Padre Paolo Benanti ha evidenziato la necessità di salvaguardare la figura del giornalista. Crede che l’IA sia un rischio per il giornalismo o può rappresentare un valore aggiunto?

Il giornalismo di qualità sarà rafforzato, non penalizzato, dalla diffusione dell’IA, i cui sistemi possono certamente assemblare notizie in modo rapido e sistematico. Ma nessun sistema di IA è in grado di fornire riflessioni, analisi e osservazioni critiche basate su sentimenti e coscienza, il “colore dell’intelligenza” secondo la filosofa Nussbaum. Ecco perché se si ritiene che compito precipuo e qualificante del giornalista sia quello di fornire al lettore valore aggiunto sotto forma di valutazioni e commenti, penso non via sia nulla da temere. Occorre peraltro garantire che le varie fonti informative siano affidabili e accurate. Al riguardo, l’Executive Order degli Stati Uniti di fine ottobre propone per le agenzie governative un sistema innovativo per identificare ed etichettare i contenuti prodotti dall’IA.

 

 

di Lorenzo Santucci

CIU UNIONQUADRI IN SENATO AL CONVEGNO FINANZA ALTERNATIVA: IL SISTEMA DELLE GARANZIE PUBBLICHE E L’ACCESSO AL CREDITO DELLE PMI.

Organizzato dall’Associazione Lavoro&Welfare presieduta  da Cesare Damiano il Forum ha rappresentato un importante momento di confronto sul ruolo del Fondo di Garanzia, istituito presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Il Fondo di Garanzia per le PMI è uno strumento istituito con Legge n. 662/96 (art. 2, comma 100, lettera a) ed è operativo dal 2000.
La sua finalità è quella di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali  portate dalle imprese.

Grazie al Fondo l’impresa ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo, che non offre comunque contributi in denaro.

Secondo le ultime rilevazioni, oltre il 99% delle imprese ha avuto accesso al finanziamento con la copertura del Fondo in assenza della presentazione di garanzie reali.

Il Fondo di garanzia è gestito per conto del Ministero dello Sviluppo Economico da un Raggruppamento Temporaneo di Impresa costituito da cinque banche e costituisce uno strumento per facilitare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese.

La garanzia pubblica per l’accesso al credito delle PMI e dei Professionisti è una agevolazione del Ministero dello sviluppo economico.

Con il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, l’Unione europea e lo Stato Italiano affiancano le imprese e i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario perché non dispongono di sufficienti garanzie.

Il Fondo garantisce a ciascuna impresa o professionista un importo massimo di 2,5 milioni di euro, un plafond che può essere utilizzato attraverso una o più operazioni, fino a concorrenza del tetto stabilito, senza un limite al numero di operazioni effettuabili, e comunque nei limiti previsti dalla normativa;

Le PMI sono spesso costrette a soddisfare il loro fabbisogno finanziario particolarmente elevato esclusivamente mediante il ricorso all’autofinanziamento, al credito commerciale ed all’indebitamento bancario garantito dalla ricchezza personale dell’imprenditore

Il Fondo di Garanzia va a sostituire le garanzie (spesso costose) che la Banca richiede per erogare un finanziamento. In questo modo gli intermediari finanziari hanno rischi ridotti (se non nulli) e le imprese hanno un canale preferenziale per ottenere il finanziamento.

Hanno partecipato all’evento il Sottosegretario al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Massimo Bitonci, il Sottosegretario al Ministero dell’Economia e Finanze, Federico Freni, il Vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato, Antonio Misiani e tutti i principali attori del sistema.

AVVISO PER TIROCINI EXTRACURRICULARI.

Il Cnel ha pubblicato un avviso pubblico per tirocini extracurriculari formativi e di orientamento della durata di 6 mesi, da svolgersi presso la propria sede a Roma.

Per candidarsi occorre essere in possesso dei seguenti requisiti:

• avere un’età massima di 35 anni;

• essere in possesso di titolo di studio conseguito da non oltre 12 mesi;

• avere un’ottima conoscenza degli strumenti di Office Automation;

• essere in possesso di conoscenze teoriche-pratiche relative alle attività dell’Ufficio per il quale si propone la candidatura.

Gli Uffici a cui ci si può candidare sono la Segreteria tecnica del Presidente, le diverse strutture del Segretariato Generale e l’Ufficio stampa.

Per ogni singolo tirocinio è prevista un’indennità di 800 euro lordi.

I tirocini verranno avviati nell’ambito di Convenzioni stipulate tra il CNEL e i soggetti promotori, di cui all’art. 2 della deliberazione della Giunta regionale della Regione Lazio 2 agosto 2019, n. 576.

L’Avviso rimane valido fino al 19 febbraio 2024.

 

Clicca qui per consultare l’Avviso 

SI INSEDIA AL CNEL IL FORUM IMPRESE E LEGALITÀ – Brunetta: “Dobbiamo investire ulteriormente sui tessuti di intermediazione sociale”

Oggi, 23 gennaio, si è insediato al Cnel il Forum Imprese e Legalitàpresieduto dal consigliere Tulio Marcelli e così composto: Gianluca Bianco e Francesco Riva (consiglieri), Massimo FerraroFrancesco GrecoFranco La TorreMarco Mingrone (esperti esterni).

“Ricordo quando a fine maggio 2008 si svolse a Napoli – ha dichiarato il presidente del Cnel Renato Brunetta – il primo Consiglio dei Ministri del IV Governo Berlusconi. Esaminammo, tra l’altro, i provvedimenti contenuti nel Pacchetto sicurezza, avviando un percorso che ha poi portato all’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Da allora abbiamo fatto molti passi in avanti e oggi sul fronte della normativa siamo all’avanguardia. Anche dal punto di vista della disponibilità finanziaria siamo in una congiuntura positiva. Dobbiamo però investire ulteriormente sui tessuti connettivi, sui tessuti d’intermediazione sociale. La cultura della legalità, il rispetto delle regole, sono beni relazionali che hanno un ruolo chiave nel successo dei territori. Il Cnel su questo si mette a disposizione. Nessuno da solo ce la fa. Dopo gli anni della desertificazione dei corpi intermedi, occorre mettere insieme i vari organi dello Stato e porli in sinergia con la società civile”.

“L’obiettivo principale del Forum – ha osservato il consigliere Tulio Marcelli – è quello di porre l’attenzione sui beni che sono oggetto di sequestro e confisca alle mafie. Stiamo definendo il programma dei lavori nel medio-lungo periodo, così da poter far luce sulle principali criticità e problematiche. Coinvolgeremo tutti gli attori protagonisti, proponendo soluzioni innovative finalizzate a rendere più fluida la normativa”.

LA CIU ALLA PRESENTAZIONE IN SENATO DEL MAGAZINE SPAZIO IMPRESE – Una nuova rivista per il mondo dell’impresa.

 

A Palazzo Madama nella Sala Caduti di Nassirya in data 10 gennaio 2024 si è tenuta la Conferenza Stampa per la presentazione della nuova rivista Spazio Imprese diretta dal dottor Antonio Grieci.

La Rivista è finalizzata a fornire un utile strumento editoriale per il mondo del lavoro, per tutti gli imprenditori ed in particolare per le imprese ed i lavoratori alla ricerca di orientamenti nel mondo produttivo.

Nel corso della giornata, alla presenza di numerosi esponenti del mondo delle Istituzioni, del Parlamento Italiano ed Europeo e dell’Inail, con la presentazione del numero zero sono stati affrontati numerosi temi di estrema attualità relativi alle tematiche lavorative e giuridiche.

Non sono mancati i riferimenti all’intelligenza artificiale, alla semplificazione amministrativa ed al ruolo dell’INAIL e della formazione nell’ambito della sicurezza sul lavoro.

CIU UNIONQUADRI che collabora nella redazione della rivista era presente con il dottor Marco Ancora e l’avvocato Fabio Petracci.

Quest’ultimo nel corso del suo intervento ha ribadito la necessità che accanto agli importanti temi di ampio respiro che oggi interessano il mondo dell’impresa sia anche attuata una puntuale opera di informazione e di guida.

La Delegazione CIU Unionquadri ha anche fatto riferimento alle attività che svolge al CNEL ed al CESE a Bruxelles, invitando le parti presenti a sinergie comuni e ad una collaborazione presso queste Istituzioni.

La CIU Unionquadri premiata alla giornata dei talenti capitolini “Energie per Roma” 2024.

La CIU Unionquadri premiata alla giornata dei talenti capitolini “Energie per Roma” 2024.

La stampa sull’inaugurazione del Centro di Ascolto sul Benessere lavorativo.

Riportiamo alcuni articoli della stampa dedicati all’inaugurazione del Centro di ascolto per il benessere lavorativo.

  1. Nuovo centro di ascolto per il benessere lavorativo – Radio Capodistria 23.11.23;
  2. Inaugurato il nuovo Centro di Ascolto per il Benessere Lavorativo atto a favorire una cultura del Ben-Essere nei luoghi di lavoro – Il Friuli Venezia Giulia 23.11.23;
  3. GR Rai Regione FVG – 23.11.23 (nei titoli e al minuto 17)
  4. Non ci si può ammalare di lavoro’. Trieste, inaugurato il primo Centro di Ascolto per il Benessere Lavorativo –  Trieste News 01.12.2023;
  5. Il Piccolo – 24.11.23
  6. Primorski Dnevnik – 24.11.23




Avvocati monocommittenti: una proposta di legge per disciplinare il rapporto.

Per “monocommittenza” ci si riferisce ad un fenomeno molto diffuso nel mondo dell’avvocatura, vale a dire la situazione in cui si trova l’avvocato che svolge la propria prestazione professionale esclusivamente in favore di un committente, nella maggior parte dei casi lo studio legale presso il quale collabora e dove ha stabilito il domicilio professionale.

Secondo i dati elaborati dalla Cassa Forense, la monocommittenza riguarda oltre 30 mila professionisti, oltre il 15% degli iscritti alla Cassa di Previdenza.

La situazione di fatto dunque prevede che molti esercenti la professione di avvocato svolgano la propria attività in modo parasubordinato, senza alcuna tutela giuridica. Sovente i collaboratori sono tenuti al rispetto di un orario di lavoro e comunque delle direttive del committente, ottengono una retribuzione mensile forfettaria, ma restano privi delle garanzie che derivano dalla prestazione di lavoro subordinata.

In sostanza, i collaboratori degli studi professionali, grandi o piccoli, vivono una situazione di precarietà, non hanno prospettive di crescita professionale, né una congrua retribuzione o tutela previdenziale.

In merito tuttavia la legge professionale forense (Legge n. 247/2012) stabilisce il divieto di esercizio di lavoro con vincolo di subordinazione per gli esercenti la professione forense. Tale previsione mira a garantire la libertà, l’indipendenza e l’autonomia dell’avvocato.

Il 15 ottobre 2020 è stata presentata una proposta di legge avente ad oggetto la disciplina del rapporto di collaborazione professionale dell’avvocato in regime di monocommittenza. Il testo si rivolge unicamente al mondo forense.

Innanzitutto, viene chiarito che il rapporto di collaborazione avviene senza alcun carattere di subordinazione, rispettando così il disposto della legge professionale forense, che considera il lavoro subordinato incompatibile con il ruolo di avvocato: il contratto deve avere forma scritta, a pena di nullità e indicare specificamente la durata del rapporto.

Il compenso, congruo e proporzionato al lavoro svolto, va corrisposto preferibilmente con cadenza mensile. I parametri minimi del corrispettivo sarebbero fissati con un apposito decreto ministeriale. Gli oneri previdenziali vengono suddivisi nella misura di 1/3 in capo al committente e 2/3 in capo al collaboratore.

Secondo lo schema di legge, il committente e il collaboratore possono liberamente recedere dal contratto, dando congruo preavviso, con termini più ampi per il primo e ridotti per il secondo. La proposta prevede disposizioni specifiche in caso di gravidanza, adozione e infortunio.

Il committente rimarrebbe comunque tutelato dalle disposizioni che precludono al collaboratore di svolgere attività in conflitto di interessi, che gli impongono l’obbligo di riservatezza e che prevedono anche il patto di non concorrenza.