L’inclusione di genere costituisce un obiettivo trasversale in tutte le componenti del Pnrr. È pur vero, tuttavia, che una delle iniziative più sfidanti affonda le radici nella Missione 5 (componente 1, investimento 1.3) del Piano, da cui discende la nuova ‘Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026’.
Attraverso la Strategia, adottata nel luglio 2021, l’Italia si pone l’obiettivo di posizionarsi, entro il 2026, tra i 10 Paesi più virtuosi sul tema dell’uguaglianza di genere scalando la classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Eige (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere). È in questo tracciato che, nel novembre 2021, la legge n. 162/2021 ha modificato il “Codice delle pari opportunità” del 2006, introducendo una serie di novità regolatorie finalizzate a rafforzare l’apparato strumentale che promuove la parità di genere sul lavoro.
Parità di genere: le novità contenute nel Codice
Le novità contenute nel nuovo Codice sono diverse, e spaziano dall’inasprimento dell’apparato sanzionatorio e dei controlli in tema di discriminazione di genere all’estensione dell’obbligo di reportistica (il cosiddetto “Rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile”) in capo alle aziende con più di 50 dipendenti.
Tra queste misure, soprattutto, spicca l’introduzione del sistema nazionale di certificazione della parità di genere, a decorrere dal 1° gennaio 2022 (nuovo art. 46-bis). Si tratta di un sistema volontario di certificazione che, da una parte, punta a premiare le imprese più virtuose sotto il profilo della gender parity e, dall’altra, incentiva l’adozione di politiche aziendali finalizzate a ridurre la disparità di genere endo-aziendale in molteplici aree. Parità di retribuzione a parità di mansioni, chance di carriera, tutela della maternità e così via. Il meccanismo di premialità prevede, per l’anno 2022, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro in possesso della certificazione. La decontribuzione è pari all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ogni azienda, fermo restando il limite di spesa di 50 milioni di euro stanziati per la misura.
In aggiunta, alle aziende certificate alla data del 31 dicembre dell’anno precedente, è riconosciuto un punteggio premiale nell’assegnazione di fondi e nella partecipazione a gare e avvisi banditi dalla pubblica amministrazione. Proprio a tal proposito, si segnala l’introiezione del sistema di certificazione della parità di genere nell’ambito del Codice dei contratti pubblici (art. 34, D.L. 30 aprile 2022 n. 36, convertito in L. n. 79/2022). Attraverso le nuove disposizioni, le imprese che possiedono la certificazione possono godere della riduzione del 30% della “garanzia provvisoria” per l’affidamento dei contratti di servizi e forniture, mentre è introdotta la possibilità di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti criteri premiali per gli operatori economici “certificati”.
Operatività e iter attuativo
L’operatività del sistema di certificazione è stata subordinata all’emanazione di uno o più decreti attuativi che stabilissero i parametri minimi per conseguire la certificazione “con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza”. Inoltre, l’intervento attuativo doveva chiarire le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dal datore di lavoro, le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità e, infine, le forme di pubblicità della certificazione.
Ora, orientarsi nell’iter attuativo non è particolarmente agevole. Dapprima, nell’ottobre 2021 è stato istituito un Tavolo di lavoro ad hoc e, all’esito del confronto in seno al Tavolo, l’ente di normazione tecnica ha pubblicato la Prassi di riferimento per la parità di genere, entrata in vigore il 16 marzo 2022. Si tratta della Prassi UNI/PdR 125:2022 contenente le linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici Kpi (Key performances indicator) riguardo le politiche di parità di genere nelle organizzazioni. A seguito dell’emanazione della prassi, tra l’altro, è stato istituto un Tavolo di lavoro permanente sulla certificazione (decreto 5 aprile 2022) con il compito di elaborare approfondimenti e proposte, di svolgere attività di monitoraggio e di supportare gli organi preposti sulla valutazione dei risultati.
Sulla base delle indicazioni contenute nella prassi tecnica di riferimento, da ultimo è stato adottato il decreto 29 aprile 2022 (pubblicato in Gazzetta il 1° luglio scorso) che finalmente chiarisce i parametri per il conseguimento della certificazione e il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità. Attraverso poche disposizioni, il decreto stabilisce che i parametri per ottenere la certificazione sulla parità di genere sono quelli contenuti nella prassi UNI/PdR 125:2022. In merito al coinvolgimento delle suddette figure preposte a controllare il rispetto dei requisiti necessari al mantenimento della certificazione, lo stesso decreto prevede l’obbligo, in capo al datore di lavoro, di fornire con cadenza annuale un’informativa aziendale sulla parità di genere.
A quel punto, i rappresentanti sindacali, le consigliere e i consiglieri che riscontrino anomalie o criticità sulla base dell’informativa e, per le imprese obbligate, del Rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile, potranno procedere con una segnalazione all’organismo di valutazione della conformità che ha rilasciato la certificazione. Tuttavia, alle imprese è concesso un termine, non superiore a 120 giorni, per la rimozione delle criticità rilevate.
La norma tecnica di riferimento
Ora, è ormai evidente che il documento di riferimento delle imprese che desiderano ottenere la certificazione è la prassi UNI/PdR 125:2022. Volendo sintetizzare i principali parametri delineati dalla norma tecnica, sono state anzitutto individuate sei aree di indicatori su cui basare la valutazione delle organizzazioni inclusive e rispettose della parità di genere:
- cultura e strategia;
- governance;
- processi HR;
- opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda;
- equità retributiva per genere;
- tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
Per ciascuna area, contraddistinta da un peso in percentuale, sono stati individuati specifici Kpi che misurano il “grado di maturità dell’organizzazione” e la sua evoluzione nel tempo. Gli indicatori sono ponderati in relazione alla dimensione dell’impresa – nel senso che per le micro e piccole imprese sono previste alcune semplificazioni nei set di indicatori – e per area di appartenenza, cioè a seconda del codice Ateco delle organizzazioni.
Come regole di massima, il raggiungimento dello score minimo di sintesi per ottenere la certificazione è fissato al 60%. Inoltre, la certificazione deve essere rinnovata ogni due anni qualora sui gap siano stati messi in atto piani di miglioramento. Non vi è spazio per passare in rassegna tutti gli indicatori di ogni area strategica. Tuttavia è importante evidenziare che la valutazione non è cristallizzata sullo status quo dell’organizzazione aziendale, pur virtuosa in partenza. Anzi, il primo indicatore della prima area (“cultura e strategia”) è costituito dalla elaborazione e implementazione di un piano strategico che favorisca e sostenga un ambiente di lavoro inclusivo.
In buona sostanza, le imprese – anche di dimensioni micro – devono dotarsi di una politica interna che favorisca il miglioramento dei comportamenti aziendali e il raggiungimento dei risultati prefissati.