Intervista all’ex ministro del Lavoro: un errore sbloccare i licenziamenti adesso, le misure di emergenza vanno mantenute ancora qualche mese per evitare un bagno di sangue. Le imprese hanno ragione, serve una transizione senza strappi verso la ripresa che eviti shock ai danni di tutti. Il Recovery Plan? Un mix di investimenti e tutele
Un mese, giorno più, giorno meno. Il 31 marzo scade ufficialmente il blocco dei licenziamenti, imposto un anno fa a mezzo decreto da parte dell’allora governo Conte, in pieno lockdown di primavera. Dal 1 aprile per le imprese sarà possibile avviare delle ristrutturazioni le quali porteranno quasi certamente a numerosi esuberi. C’è dell’altro. Sempre a fine marzo scade uno dei principali ammortizzatori sociali pandemici, la Cassa integrazione Covid. Uno uno-due che rischia di tramutarsi in un bagno di sangue.
Scenario che gli imprenditori italiani vorrebbero scongiurare, come dimostra la proposta giunta da Confindustria per mezzo del presidente, Carlo Bonomi. E cioè una norma transitoria ad hoc, che eviti lo shock e accompagni il sistema industriale verso un ritorno alle normali condizioni di libero mercato. Niente strappi, insomma, come fa capire anche Cesare Damiano, economista, già deputato dem e ministro del Lavoro (2006-2008) durante il secondo governo Prodi.
Damiano, il 31 marzo scade il blocco dei licenziamenti. Il rischio di una mattanza sociale c’è. Che si fa?
Conosciamo tutti questa scadenza, con la quale il governo dovrà fare presto i conti. Stando ai dati del mio Centro studi (Associzione Lavoro&Welfare, ndr) la Cassa integrazione nel 2020 è aumentata del 1.467% sul 2019, con 360 milioni di ore mediamente autorizzate al mese. E anche a gennaio il trend è rimasto alto, con 217 milioni di ore autorizzate. Alla luce di tutto questo, nonostante la situazione abbia registrato dei miglioramenti, siamo ben lontani dalla normalità. Per tutti questi motivi, interrompere la Cassa Covid e sbloccare i licenziamenti vorrebbe dire andare incontro a mezzo milione-un milione di potenziali disoccupati. Uno tsunami, ingovernabile.
Un bagno di sangue. Allora bisogna prorogare le misure in essere…
Questo mi pare evidente. Però la soluzione ottimale sarebbe prorogare queste misure almeno per un medio termine, diciamo fino all’autunno o a fine anno, non all’infinito. Questo dipende certamente dall’andamento della situazione generale, ma per il momento mi pare assurdo interrompere di botto due misure così importanti per i lavoratori.
Blocco dei licenziamenti e Cassa Covid. Cosa è più essenziale?
Tutte e due, anche se ci sono delle differenze. La Cassa Covid viene pagata dalla fiscalità generale, soccorre le imprese anche con un dipendente, ed è necessaria sia ai lavoratori, sia agli imprenditori, anche se non copre tutto il salario. Le dico solo che un dipendente che fa, mediamente, un mese di Cassa lascia per strada in media 460 euro circa. Dunque è una tutela necessaria. Il blocco dei licenziamenti è anche esso importante, ma vanno fatti dei distinguo.
Quali sarebbero?
Sulla moratoria dei licenziamenti le parti sociali devono confrontarsi con il governo. Perché la misura in questione può anche non essere erga omnes, ma dosata a seconda dell’andamento produttivo del settore. Voglio dire: chi produce vaccini, per esempio, più che di licenziare ha bisogno di assumere personale. Ma poi c’è chi appartiene ai settori più colpiti, il ristorante, la discoteca. E qui non c’è bisogno di passare ai licenziamenti di massa. Ma come ho detto serve un valutazione e soprattutto una decisione condivisa, non certo unilaterale. Un abito su misura settore per settore.
Insomma, Damiano, soluzioni su misura, in tema di licenziamenti.
Esatto, il succo è questo. Una valutazione del governo con le parti sociali che tenga conto delle diverse situazioni.
C’è chi pensa che il libero mercato debba tornare ad agire. E che i lavoratori licenziati debbano un domani essere riassorbiti grazie agli investimenti del Recovery Fund. Lei che dice?
Sarebbe un grande errore utilizzare le risorse del Recovery Fund e in generale tutte le risorse messe a disposizione dall’Europa, esclusivamente per gli investimenti. L’azione va pensata in due parti. Da un lato le tutele immediate, dall’alto gli investimenti futuri. Perché vede, per riassorbire i lavoratori con gli investimenti futuri bisogna traghettarli dall’attuale situazione di crisi, verso una di ripresa. Questo è il senso, occorre traghettare le persone, con degli strumenti appositi, come la Cassa Covid e il blocco dei licenziamenti. Ma tutto va graduato.
Cioè al diminuire della crisi si possono a loro volta eliminare progressivamente queste misure?
Sì. In altre parole, mano a mano che torniamo a rivedere le stelle, togliamo l’assistenza. Non ci può essere un primo tempo e un secondo tempo, serve gradualità. E su questo si può ragionare. Anzi, si deve.