Data Protection Officer: una regolamentazione per tutelarne la professionalità e la formazione specifica.
In un mondo ove l’importanza dei dati personali diventa sempre più importante, si consolida la necessità della loro protezione a tutela della vita personale e sociale di ogni cittadino.
Il DPO (Data Protection Officer) è il soggetto incaricato di verificare e garantire il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati per-sonali, con riferimento al Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e alle disposizioni nazionali vigenti.
La sua funzione può essere svolta in due modalità: come DPO interno o come DPO esterno.
Il DPO interno è un dipendente dell’organizzazione (pubblica o privata) che, per poter espletare adeguatamente le proprie mansioni, deve disporre di una solida formazione in ambito giuridico e tecnico-informatico, così da padroneggiare i principi del GDPR, le norme nazionali, gli aspetti di sicurezza dei sistemi e la gestione del rischio.
Questo professionista, pur operando all’interno della struttura gerarchica, deve godere di autonomia e indipendenza, potendo accedere alle informazioni e ai mezzi necessari senza subire ingerenze che ne condizionino l’attività. Il DPO interno risponde della supervisione dell’osservanza delle norme sulla privacy, fornendo consulenza in materia di valutazioni d’impatto (DPIA), redigendo report e fungendo da punto di contatto con l’Autorità Garante; potrebbe incorrere in responsabilità sia disciplinari sia, in casi estremi, pecuniarie o penali qualora dovessero ravvisarsi colpa grave o dolo.
Sul piano contrattuale, il DPO interno può essere inquadrato come dirigente o quadro, a seconda della complessità delle sue funzioni, e l’autonomia del ruolo dovrebbe essere protetta da clausole specifiche.
Il DPO esterno, invece, svolge le stesse funzioni del DPO interno ma opera come consulente esterno, singolo professionista o società specializzata, incaricato tramite un contratto di servizio. Anch’egli deve possedere competenze specialistiche e mantenere una posizione di indipendenza, godendo di un adeguato accesso alle informazioni utili per valutare i trattamenti e rilevare eventuali violazioni. Il DPO esterno risponde contrattualmente dell’operato svolto, fermo restando che l’obbligo di conformità resta in capo al titolare o al responsabile del trattamento.
Fatte tali premesse, considerata l’importanza del ruolo rivestito da queste figure, non si può non rilevare come nel nostro ordinamento, oggi, man-chino tutele specifiche di inquadramento giuridico, giuslavoristico, economico nei confronti dei soggetti addetti alla protezione dei dati.
Quanto al DPO interno, oltre a doversi prevedere un inquadramento giuridico quale dipendente che svolge specifiche mansioni, anche lo stipendio dovrebbe essere commisurato al livello di rischio e alle competenze richieste, riconoscendone il ruolo cruciale in azienda e prevedendo forme di aggiornamento continuo che ne accrescano la professionalità.
Allo stesso modo manca un inquadramento del D.P.O. esterno quale libero professionista: le tariffe di questo soggetto potrebbero essere stabilite sulla base di parametri quali la complessità dell’incarico, il volume di dati trattati, il numero dei dipendenti dell’azienda e il settore operativo; sarebbe auspicabile individuare range tariffari di riferimento per garantire trasparenza e concorrenza leale.
Una proposta di legge che disciplini la figura del DPO, sia interno sia esterno, dovrebbe prevedere requisiti minimi di nomina, obblighi di formazione continua, definizione chiara delle responsabilità e un adeguato quadro sanzionatorio, nonché la possibilità di istituire un albo, o un registro, al quale accedere in base a requisiti di esperienza e certificazioni specifiche, favorendo così il riconoscimento professionale e la trasparenza del mercato. L’obiettivo di tale normativa sarebbe quello di creare regole unitarie in grado di valorizzare il ruolo del DPO, di assicurare la sua indi-pendenza e di orientare correttamente le organizzazioni verso la piena compliance in materia di privacy e protezione dei dati.
In tal senso, la legge potrebbe anche prevedere specifiche forme di tutela volte a evitare conflitti di interesse.