Il rapporto di lavoro di fronte ai provvedimenti atti a prevenire il contagio del Corona Virus. Il lavoro agile, un’occasione positiva nel marasma di fatti negativi. Alcune indicazioni dal Centro Studi di CIU Unionquadri.
La presente situazione.
Normalmente le assenze che determinano l’impossibilità della prestazione con il diritto alla conservazione del posto di lavoro si identificano in quelle dovute alla malattia.
Di fronte all’attuale situazione del contagio da Corona Virus, la malattia è però solo un aspetto ed il più grave della situazione che viene a crearsi e che comporta per diverse ragioni l’impossibilità di lavorare con gravi ricadute per i lavoratori, le aziende, l’economia.
La normativa dell’emergenza.
In questi giorni, è stato adottato il DL 23.2.2020 per affrontare questa emergenza.
Il provvedimento, tra le altre cose, decreta la sospensione delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale, stabilisce la possibilità di chiusura di attività commerciali ed uffici pubblici e la possibilità di ordinare la sospensione e la limitazione delle attività lavorative nelle aree interessate al contagio.
In maggior dettaglio, il conseguente DPCM 25.2.2000, introduce la possibilità nel caso di aziende site nelle zone di crisi (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Liguria) o di lavoratori ivi residenti o domiciliati, la possibilità di introdurre il lavoro agile, anche in assenza di accordo tra le parti, con possibilità di assolvere gli obblighi di informativa in via telematica.
Esamineremo il verificarsi e le conseguenze di quanto sin qui sommariamente esposto, verificando diverse ipotesi.
Assenza imposta dalla pubblica autorità.
La prima ipotesi di assenza dal lavoro può avvenire in quanto l’autorità emette degli ordini che impediscono al lavoratore di uscire da casa o raggiungere la zona dove ha sede il datore di lavoro.
In questo caso, si verifica un’impossibilità della prestazione non imputabile al lavoratore che, in quanto tale, deve essere retribuita.
Sospensione dell’attività a causa del contagio. Anche in questo caso, l’impossibilità della prestazione non sarà imputabile al datore di lavoro che manterrà il diritto alla retribuzione, anche in assenza di prestazione.
Quarantena obbligatoria per il lavoratore.
Può accadere che il lavoratore sia posto in quarantena dall’autorità per sintomi afferenti al virus.
In tal caso, la situazione è riconducibile al trattamento per malattia che dovrà essere riconosciuto al lavoratore.
Quarantena volontaria.
Può accadere sospettando un contagio o in base a prescrizioni dell’autorità adotti un comportamento di quarantena volontaria.
Anche in tal caso, l’assenza è collegata ad un’ipotesi di malattia e quindi potrà essere assimilata all’assenza per tale causale.
Assenza volontaria per timore del contagio.
Si tratta di una condotta non coperta dalla legge.
In questi casi, prima di procedere disciplinarmente, andrà attentamente valutata la fondatezza del timore e solo in casi di manifesta infondatezza dello stesso, si potrà ricorrere alle sanzioni disciplinari ivi compreso nei casi estremi, il licenziamento.
Altre norme che interessano la situazione delineata.
In tema di sicurezza sul lavoro.
Al datore di lavoro, sia pubblico che privato è imposto di garantire a quanti operano in ambito aziendale il maggior benessere fisico e psichico in ragione dell’articolo 2087 del codice civile, adottando ogni possibile cautela.
Quindi, al di fuori di queste ipotesi tassative introdotte da specifiche e recenti norme di legge, egli deve controllare la situazione, intervenire ove possibile e segnalare pericoli per le persone al lavoro. Ciò significa che in caso di sospetto contagio dovrà provvedere a tempestiva segnalazione, alle prime misure di sanificazione ricorrendo anche all’intervento del medico competente e di quanti delegati alla sicurezza. Analoghi poteri ed oneri competono ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Va tenuto presente che il rischio biologico è pure presente nel DLGS 81/2008 testo Unico Sicurezza sul Lavoro agli articoli 266 e seguenti.
Di recente, il rischio medesimo è stato contemplato nella circolare n.3190 del 3 febbraio 2020.
Utilizzo delle ferie in caso di chiusura o inattività dell’azienda.
Il ricorso alle ferie collettive normalmente è disciplinato dai contratti collettivi.
La giurisprudenza pur avendo sancito il potere unilaterale del datore di lavoro alla concessione delle ferie, ritiene che una parte debba essere programmata con i lavoratori.
Stante in ogni caso, l’incompatibilità tra la malattia ed il godimento delle ferie, non sarà possibile collocare in ferie i dipendenti in quarantena.
Il cosiddetto lavoro agile, una risorsa da utilizzare.
La Cassa Integrazione.
Il decreto-legge cui già si è fatto cenno prevede pure lo sblocco della Cassa Integrazione in Deroga per i territori colpiti dal contagio.
Lavoro Agile – Smart Working.
Come accennato l’articolo 2 DPCM 25.2.2020 considera in via straordinaria possibile il ricorso al lavoro agile.
Questa tipologia di lavoro è stata introdotta con il DLGS 81/2017, articolo 81. Quivi l’articolo 1 ne affida la realizzazione alla volontà delle parti, con apposite procedure ed eseguibilità della prestazione parte in azienda e parte da remoto.
Nel caso di specie, l’urgenza determina l’applicabilità diretta ed immediata di una simile organizzazione del lavoro.
È chiaro che al rientro dall’emergenza, la misura sarà destinata a cessare. Non è detto però che nel marasma di eventi negativi, questa disposizione possa costituire un’occasione di innovazione del modo di lavorare al passo con le nuove tecnologie.
Centro Studi Corrado Rossitto
CIU – Unionquadri
Avv. Fabio Petracci